La motivazione «apparente» o «insussistente» della sentenza nelle controversie di licenziamento disciplinare
20 Luglio 2024|La pronuncia in commento della Corte di Cassazione, ordinanza n 34393 dell’ 11 dicembre 2023, consolida l’orientamento giurisprudenziale di legittimità (v. tra le tante, Cass., n. 16583 del 12 giugno 2023; Cass., n. 26709 del 12 settembre 2022; e Cass., n. 2122 del 24 gennaio 2023, che si può leggere in Labor, www.rivistalabor.it, 14 marzo 2023, con nota di A.PAPPALARDO, La nullità della sentenza per (sostanziale) assenza di motivazione in una controversia avente ad oggetto un grave demansionamento del lavoratore) sulla motivazione «insussistente» della sentenza, qualora non indichi neppure graficamente le ragioni che hanno determinato la decisione, o «apparente» qualora «graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento» (Cass., n. 16583 del 12 giugno 2023).
La normativa di riferimento, sulla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, di rango legislativo e costituzionale, è contemplata all’art 132, co. 2, n. 4, c.p.c. che definisce la motivazione una «concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione» e «consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione» (art. 118, co.1, disp. att. c.p.c.), art. 111, co.6 Cost. che recita «Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati» nonché l’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. che si pone in linea con il palese intento del legislatore di ridurre al «minimo costituzionale» il sindacato di legittimità nei casi di motivazione inesistente o apparente, di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e di motivazione perplessa ed oggettivamente incomprensibile (Cass., SS.UU. nn. 8053 e 80547 aprile 2014).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello territorialmente competente, riformando la sentenza di prime cure che riconosce la legittimità del licenziamento disciplinare intimato al lavoratore impegnato in attività extralavorativa durante il periodo di malattia, ha dichiarato illegittimo il licenziamento adducendo la violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare per avere il Tribunale, considerato due «fatti nuovi» quali il mancato utilizzo, da parte del lavoratore, del lombostato prescritto e il suo compimento quotidiano di viaggi in auto per raggiungere il ristorante, lungo l’intero arco della malattia.
In verità, il Tribunale, immutando l’addebito contestato e senza ledere in alcun modo il diritto di difesa del lavoratore, ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore, sulla base dell’attività extralavorativa contestatagli, (cameriere e cassiere presso l’agriturismo della moglie) in costanza di astensione dal lavoro (conseguente ad infortunio).
La Corte d’appello seguendo un iter logico contraddittorio afferma altresì la illegittimità del licenziamento per «inesistenza del nesso causale tra la condotta contestata e la compromissione delle garanzie di pronta ripresa del servizio».
Ricorre la società datrice in Cassazione deducendo in primo luogo la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, primo comma, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost., per avere la Corte territoriale affermato «senza indicarne le fonti giustificative» che il Tribunale avrebbe «fondato il proprio diverso convincimento su circostanze nuove non contestate, in assenza di un tale riferimento nella decisione del primo giudice».
La Corte d’Appello non ha esplicitato in modo chiaro l’iter logico seguito per formare il proprio convincimento, sicché la motivazione resa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio seguito.
Contraddittorietà che perdura, non ricorrendo l’ipotesi di insussistenza del fatto contestato (attività extralavorativa, violazione delle prescrizioni di riposo dei sanitari e assenza alla visita di controllo), anche nella scelta della tutela riconosciuta, reintegratoria attenuata più che indennitaria attenuata. Così erroneamente formulata la motivazione preclude l’effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice «non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture» (Cass. S.U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 1° marzo 2022, n. 6758).
In conclusione, la pronuncia in commento, accoglie la censura relativa alla motivazione apparente resa dalla Corte territoriale in ordine all’iter logico su cui si fonda la legittimità del licenziamento disciplinare ribadendo che tale difetto motivazionale può farsi valere in sede di legittimità e rammentando al giudice del merito di non esimersi dall’esplicitare chiaramente le argomentazioni adottate per ricostruire «l’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio» necessarie per valutarne la correttezza e la legittimità.
Maria Aiello, primo tecnologo CNR, responsabile Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, sede di Catanzaro
Visualizza il documento: Cass., ordinanza 11 dicembre 2023, n. 34393
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