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Spetta all’Inps fornire (rigorosa) prova della presenza dei prescritti requisiti per l’iscrizione alla Gestione Commercianti

21 Luglio 2024|

Premessa

I presupposti e i requisiti per l’iscrizione alla gestione IVS/Comm, sono com’è noto disciplinati dall’art. 1, co. 208, della legge n. 662/1996, il quale prevede testualmente che “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all’Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente…”.

La finalità della normativa introdotta dalla legge n. 662/1996 è stata autorevolmente individuata nell’intento di “evitare che, grazie allo schermo della struttura societaria, la prestazione di lavoro del socio, resa nell’impresa societaria, sia sottratta alla contribuzione previdenziale obbligatoria” (parere del Consiglio di Stato, richiamato nella circolare dell’Inps del 9 ottobre 1998).

Su questa disposizione e sul relativo campo di applicazione (compresa la nota querelle sulla c.d. doppia contribuzione), oltre ai successivi interventi normativi, vi è stato un nutrito intervento della giurisprudenza, sia di merito, sia di legittimità.

L’argomento è già stato trattato da chi scrive in più occasioni: Il socio-liquidatore di una società in accomandita semplice è iscrivibile alla Gestione IVS/Comm solo in presenza dei requisiti soggettivi previsti dalla legge n. 662/1996 e s.m.i., in Labor,www.rivistalabor.it, 8 luglio 2023 e Per il Tribunale di Milano, ai fini della (parallela) iscrizione alla Gestione Commercianti, è l’Inps che deve fornire la prova dei necessari elementi costitutivi, sempre in Labor, www.rivistalabor.it, 6 aprile 2024, a commento, rispettivamente, della sentenza del Tribunale di Siracusa 16 maggio 2023, n. 423 e della sentenza del Tribunale di Milano 24 gennaio 2024, n. 334.

In questa sede vorremmo annotare una recente sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Velletri, la n. 404 del 1° marzo 2024 (che al momento non risulta appellata), con la quale, in opposizione ad un avviso di addebito emesso dall’Inps, con accoglimento dei motivi di ricorso, è stata accertata e dichiara l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione IVS/Comm e, di conseguenza, annullato il sottostante provvedimento presupposto, con condanna dell’istituto previdenziale alle spese processuali.

 Il fatto

L’Inps aveva avanzato una pretesa contributiva verso la Gestione Commercianti che mutuava dagli esiti di un precedente controllo ispettivo, a sua volta fonda sul (ritenuto erroneo e infondato) presupposto dell’esistenza dei requisiti della continuità e della prevalenza del lavoro prestato da un consigliere della srl in favore di questa.

Premessa la consistenza della struttura operativa aziendale (con oltre 50 unità tra dipendenti e collaboratori), il ricorrente adduceva di avere svolto attività tutte direttamente riconducibili al suo ruolo di presidente del c.d.a. e per il quale percepiva compensi regolarmente assoggettati a contribuzione presso la Gestione Separata dell’Inps.

Più in particolare, l’interessato si limitava: a) a svolgere attività di alta amministrazione, fornendo le linee guida alle varie strutture, coordinava l’attività degli altri amministratori (ognuno delegato alla supervisione di un settore); b) monitorare i risultati delle attività economiche dell’azienda; c) stabilire gli obiettivi in termini di vendita e spese; d) svolgere attività di sviluppo di nuovi progetti interfacciandosi con i soggetti interessati, interni ed esterni, pianificandolo lo svolgimento temporale delle attività e destinando le risorse economiche necessarie allo sviluppo di tali progetti.

Da qui, pertanto, la denunciata insussistenza dei requisiti per l’iscrizione alla richiamata gestione previdenziale.

La decisione

La sentenza in commento esordisce ricostruendo il quadro normativo di riferimento, richiamando altresì i principi di diritto che la giurisprudenza di legittimità ha enucleato nell’interpretare le leggi che si sono susseguite nel tempo per regolare la materia.

La legge del 1996 ha sì esteso l’obbligo assicurativo alla Gestione Commercianti anche ai soci di società a responsabilità limitata (in precedenza esclusi in considerazione dell’assenza di rischio nella conduzione d’impresa), a condizione però che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza”.

Semplificando, sono da assoggettare all’assicurazione IVS/Comm tutti i titolari, soci o gestori, in proprio, di imprese di attività commerciali che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate prevalentemente con il lavoro proprio qualora il soggetto abbia la piena responsabilità dell’impresa, con assunzione di oneri e rischi di gestione, e partecipi al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

Secondo la posizione sul punto assunto dalla Suprema Corte, tali requisiti devono sussistere congiuntamente (cfr. Sez. Un. sent. n. 3240/2010;  n. 20268/2012; n. 11804/2012; n. 20268/2012; n. 11804/2012).

In particolare, con la sentenza n. 3240/2010, la Corte regolatrice, nel prendere le mosse dal tenore letterale del comma 208 dell’art. 1 della legge n. 662/1996 (nella parte in cui recita: “Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente“), ha affermato che, alla luce del fatto che anche la Gestione Separata (che è propria degli amministratori) è una forma di assicurazione obbligatoria, vi è una incompatibilità di doppia iscrizione fra la medesima e la Gestione Commercianti.

In queste ipotesi, ai sensi dell’art. 1, co. 203, della legge n. 662/1996, spetta all’Inps, secondo il carattere della prevalenza (intendendosi per partecipazione al lavoro aziendale lo svolgimento dell’attività operativa in cui si estrinseca l’oggetto dell’impresa) decidere sulla conseguente iscrizione e, nel caso di verifica dell’insussistenza di tale elemento, sussistono i requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti.

Sempre la medesima giurisprudenza di legittimità ha altresì chiarito che il ruolo di amministrazione non attiene solo al “compimento di atti giuridici”, essendo a questi affidata “un’attività di contenuto imprenditoriale, che si estrinseca nell’organizzazione e nel coordinamento dei fattori di produzione, comprendendovi sia il momento decisionale vero e proprio, sia quello attuativo delle determinazioni assunte”, “ancorché quest’ultimo non debba essere caratterizzato dalla abitualità dell’impegno esecutivo”, mentre il lavoro aziendale abituale e prevalente è assoggettato a contribuzione presso la gestione commercianti proprio in considerazione dell’espletamento di attività lavorativa abituale, nel suo momento esecutivo e della connotazione di “detto impegno personale come elemento prevalente (rispetto agli altri fattori produttivi) all’interno dell’impresa”.

Ad avviso del tribunale di Velletri vanno dunque tenuti distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione, e della gestione dell’attività commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla compagine sociale o ad altri soci che non ne siano anche amministratori.

Infatti: la prima si basa su una relazione di immedesimazione organica, come desumibile dalla previsione dell’art. 2260 cod. civ. e comporta, secondo quanto previsto dal sottostante mandato, la partecipazione ad un’attività di gestione, nonché l’espletamento di una attività di impulso e di rappresentanza ed è rivolta all’esecuzione del contratto di società, oltre che ad assicurare il funzionamento dell’organismo sociale; l’attività di semplice lavoro è invece rivolta alla concreta realizzazione dello scopo sociale ed al suo raggiungimento operativo attraverso il concorso dei vari collaboratori della società.

Richiamata la circolare dell’Inps n. 215/1998 (riferita alle srl e alle sas), l’interpello del Ministero del lavoro n. 78/2009 (riferito a sua volta alle snc) e la norma interpretativa contenuta nell’art. 12, co. 11, del D.L. n. 78/2010, la sentenza in commento è dell’avviso che, stante l’autonomia delle posizioni, è necessario che ricorrano le condizioni richieste dalla legge, cioè che si realizzi una “coesistenza” di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all’amministrazione societaria (cfr. Cass., ord. n. 13446/2015 e ord. n. 5444/2013).

Com’è noto, sull’argomento è tornata di recente ad occuparsi la Corte di cassazione con la sentenza n. 1759/2021, la quale enuncia un nuovo principio da seguire per accertare l’obbligo della doppia contribuzione del socio amministratore -che percepisce un compenso in tale veste- e che svolge anche attività commerciale o artigianale nell’azienda.

Con questa decisone viene ribadito che assume rilievo dirimente considerare le mansioni proprie dell’amministratore e chiarito che vanno considerate attività di orinaria amministrazione quelle di: supervisione, l’essere referente per i clienti e fornitori, l’avere assunto i dipendenti, in quanto non implicano alcuna partecipazione all’attività materiale ed esecutiva dell’azienda.

Va quindi da sé che, pur non mettendo in discussione il principio della doppia contribuzione, viene resa un’interpretazione diversa, atteso che l’amministrazione e l’operatività sono attività distinte e autonome tra loro per cui, parimenti distinto ed autonomo, resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione assicurativa.

Nella fattispecie portata al suo scrutinio di merito, il tribunale di Velletri ritiene quindi necessario individuare l’attività di lavoro prestata dall’opponente al netto di quella esercitata in quanto presidente del CdA, atteso appunto che le due attività operano su piani giuridici differenti (quella di partecipazione all’attività d’impresa è diretta alla concreta realizzazione dello scopo sociale; quella di amministratore discende invece all’esecuzione del contratto di società sulla base di una relazione di immedesimazione organica).

 La ripartizione degli oneri probatori

Quanto agli oneri probatori (nella fattispecie il giudizio è stato introdotto con accertamento negativo del credito) la sentenza in commento ritiene pacifico, secondo i principi che regolano il relativo riparto disciplinato dall’art. 2697 cod. civ., che spetta all’Inps, quale attore in senso sostanziale, provare la ricorrenza dei presupposti per l’iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali.

In altre parole, l’esistenza del presupposto impositivo deve essere provata dall’Inps in base al principio generale secondo cui, la parte che assume l’esistenza di una circostanza di fatto è onerata della relativa prova, non potendosi addossare alla controparte il difficile onere della prova di un fatto negativo (cfr. Cass., sez. un. del 10.01.2006 sul criterio della “vicinanza o disponibilità” della prova per individuare il soggetto onerato, in modo tale da non precludere il diritto costituzionale di cui all’art. 24 Cost.; Cass. n. 12108/2010; Cass. n. 22862/2010 in materia di onere della prova gravante sull’ente previdenziale anche nel caso di azione di accertamento negativo della pretesa contributiva).

Orbene, gravava quindi sull’Inps l’onere di dimostrare la partecipazione diretta del socio e presidente del CdA all’attività commerciale svolta dall’azienda nel settore dell’organizzazione di eventi e fornitura di servizi di catering e ristorazione mediante la prestazione di cd puro lavoro.

Nel caso di specie, la prova dell’an della pretesa contributiva azionata dall’ente previdenziale con l’avviso di addebito opposto è costituita essenzialmente dal verbale ispettivo redatto all’esito della relativa verifica (in ragione della ritenuta continuità e prevalenza del lavoro prestato all’interno dell’azienda, l’interessato aveva l’obbligo della doppia iscrizione alla Gestione Separata e a quella Commercianti).

Alla luce delle risultanze istruttorie (comprese la richieste prove testimoniali), valutate nel loro combinato risvolto probatorio, ad avviso del giudice del lavoro di Velletri l’Inps non ha provato -con il dovuto rigore- la fondatezza della pretesa creditoria, non apparendo possibile individuare quale sia stata l’attività prevalente svolta dall’interessato in modo da distinguere quella di amministratore da quella di partecipazione personale e continuativa al lavoro aziendale (condizione solo in presenza della quale scatta l’obbligo di iscrizione alla Gestione Commercianti).

A ben vedere, non esistono disposizioni che indicano in dettaglio quali compiti siano demandati alla figura dell’amministratore di una srl, anche se è altrettanto vero (come precisato già dalle S.U. della Suprema corte nel 2010) che non può farsi rientrare nell’incarico solo il compimento di atti giuridici, perché all’amministratore è affidata la gestione della società e dunque una attività di contenuto imprenditoriale, che si estrinseca nell’organizzazione e nel coordinamento dei fattori di produzione, comprendendovi sia il momento decisionale vero e proprio, sia quello attuativo delle determinazioni assunte, ancorché quest’ultimo non debba essere caratterizzato dalla abitualità dell’impegno esecutivo.

Secondo la sentenza in commento tali elementi si distinguono da quelli richiesti per la iscrizione alla Gestione Commercianti e, sul punto, l’ente previdenziale non ha fatto fronte agli stringenti oneri probatori richiesti nella materia de qua che ci occupa, ossia che il soggetto interessato abbia partecipato personalmente al lavoro aziendale, con carattere di abitualità, anche indipendentemente dalla eventuale preponderanza rispetto agli altri fattori produttivi, presupposto non ritenuto necessario per il socio di srl dalla più recente giurisprudenza di legittimità (v., ex multis, Cass. n. 3292/2020).

Sul punto, gli elementi forniti dall’Inps, anche a volerli ritenere argomenti di prova dello svolgimento di un’attività ulteriore rispetto a quella propria dell’amministratore della srl, non sono tali, per “gravità, precisione e concordanza”, da costituire una presunzione semplice a norma degli artt. 2727 e seg. cod. civ. e quindi assurgere a un valido strumento di convincimento del giudice.

Più nello specifico, ad avviso del Tribunale di Velletri va opportunamente considerato che, tenuto debitamente conto della complessità dell’organizzazione aziendale, dell’esistenza di numerosi dipendenti e collaboratori, della loro qualifica e delle loro mansioni, in specie l’esistenza di un direttore operativo, non è possibile descrivere quale sia stata l’attività di lavoro puro effettivamente svolta dall’opponente per la srl, al netto di quella esercitata in quanto presidente del CdA della società che include quella di indirizzo, promozione, supervisione e contatto con i clienti.

Non è stato infatti provato dall’Inps che l’interessato si occupasse dell’allestimento vero e proprio degli eventi curando gli aspetti tecnici della loro realizzazione, né che si occupasse delle attività di catering e ristorazione, né infine che fosse presente sui luoghi durante lo svolgimento degli eventi aziendali e/o istituzionali.

E da qui, dunque, l’illegittimità dell’iscrizione alla Gestione Commercianti.

Luigi Pelliccia, avvocato in Siena e professore a contratto di diritto della sicurezza sociale nell’Università degli Studi di Siena

Visualizza il documento: Trib. Velletri, 1° marzo 2024, n. 404

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