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L’applicazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico in favore della dirigenza pubblica

23 Marzo 2024|

Un dirigente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con un incarico di Responsabile della Divisione 4^ dello stesso (“Regolazione e monitoraggio dei lavori pubblici”) aveva svolto nel triennio 2010-2013 l’ulteriore incarico di Responsabile della Divisione 2^ (“Contratti pubblici e normativa comunitaria”) senza percepire alcuna retribuzione, come invece stabilito dagli artt. 60 e 61 del CCNL comparto AREA I – DIRIGENZA – Quadriennio normativo 2002/2005 – Biennio economico 2002/2003,  stipulato il 21/4/2006.

I commi 1 e 2 dell’articolo 60 di questo CCNL prevedono che “1. In relazione all’espletamento di incarichi aggiuntivi conferiti ai dirigenti in ragione del loro ufficio o comunque attribuiti dalle amministrazioni presso cui prestano servizio o su designazione delle stesse, i relativi compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alle amministrazioni e confluiscono sui fondi di cui agli artt. 51 e 58 (Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei dirigenti di prima fascia – Fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato dei dirigenti di seconda fascia) per essere destinati al trattamento economico accessorio, sulla base dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001. –  2. Allo scopo di remunerare i maggiori oneri e responsabilità dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi, viene loro corrisposta, in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, una quota ai fini del trattamento accessorio in ragione dell’impegno richiesto. Tale quota verrà definita nella contrattazione integrativa in una misura ricompresa tra il 50% e 66% dell’importo disponibile una volta detratti gli oneri a carico dell’amministrazione”.

Al successivo articolo 61, i commi 2 e 3, così dispongono: “2. Il dirigente, durante il periodo di sostituzione, continua a percepire la retribuzione di posizione in godimento. – 3. Il trattamento economico complessivo del dirigente, per i periodi di sostituzione, è integrato, nell’ambito della retribuzione di risultato, di un ulteriore importo la cui misura potrà variare dal 15% al 25% del valore economico della retribuzione di posizione prevista per l’incarico del dirigente sostituito”.

In merito, il Tribunale di Roma, adito dal ricorrente per ottenere il pagamento della maggiore retribuzione, rigettava l’istanza del medesimo, ritenendo che nel caso di specie non potessero trovare applicazione le suindicate disposizioni contrattuali in quanto riferibili ad incarichi per conto terzi e ad incarichi ad interim conferiti formalmente.

Successivamente, la Corte d’Appello di Roma ha escluso che il citato compenso potesse essere dovuto ex art. 2099 codice civile, o ai sensi dell’articolo 36 Cost, in ragione del principio di onnicomprensività della retribuzione del dirigente, escludendo anche un danno risarcibile.

Nel pubblico impiego privatizzato, così come afferma la  Corte di Cassazione con la recente ordinanza del 12 marzo 2024, n. 6251, qui commentata, vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in virtù del quale il trattamento economico remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’Amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa o che sia riconducibile a funzioni e poteri connessi all’ufficio ricoperto (v., in proposito,  la pronuncia di legittimità n. 6021 del 2023).

Il principio di onnicomprensività del “trattamento economico” (in ambito pubblico) postula che non è possibile remunerare il dipendente con compensi ulteriori per lo svolgimento di compiti rientranti nelle mansioni dell’ufficio ricoperto ed è pertanto vietato alla P.A. di corrispondere compensi aggiuntivi per attività d’istituto. L’onnicomprensività remunera completamente ogni incarico conferito al dipendente (dirigente compresi) in ragione dell’ufficio ricoperto o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell’Ente.

Al riguardo vige, pertanto, il divieto per il dirigente pubblico di percepire compensi in tutti i casi in cui l’attività svolta dall’impiegato sia riconducibile a funzioni e poteri connessi alla qualifica e/o all’ufficio ricoperto, corrispondenti a mansioni cui egli non possa sottrarsi perché rientranti nei normali compiti di servizio (e neppure l’Amministrazione potrebbe conferire e/o retribuire incarichi se previsti all’interno del profilo professionale).

In virtù del citato principio di onnicomprensività applicato al dirigente pubblico, di cui all’articolo 24, comma 3, d.lgs. n. 165/2001, cui siano stati attribuiti incarichi che possano impegnare anche oltre l’orario “normale” stabilito dalla contrattazione collettiva, alcuna remunerazione è posta a carico del datore di lavoro a titolo di compenso per lavoro straordinario (così, Cass. n. 32617 del 2022).

Con il primo comma del medesimo art. 24, così come modificato dall’art. 45, com­ma 1, lett. a), d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (decreto Brunetta), attraverso un mec­canismo di progressiva sostituzione alla previgente disciplina pubblicistica, dapprima con la legge delega n. 421 e, quindi, con la legge n. 59/1997, si ribadisce, con sempre maggiore chiarezza, l’uso della contrattazione collettiva diretta ad estendere le dispo­sizioni di matrice contrattuale tanto ai dirigenti non generali, quanto a quelli generali.

Il trattamento economico del dirigente si articola in due parti: il trattamento economico fondamentale e il trattamento accessorio.

L’attribuzione del primo è legata all’instau­razione del rapporto di lavoro e all’assunzione della posizione dirigenziale, mentre il secondo è correlato alle funzioni effettivamente svolte in base all’incarico conferito, nonché alle connesse responsabilità e ai risultati eventualmente conseguiti. Questo è il motivo per cui il trattamento economico fondamentale è riconosciuto al dirigen­te indipendentemente dall’attribuzione dell’incarico dirigenziale e si configura come stipendio unico previsto dalla contrattazione collettiva secondo parametri tabellari.

In merito, in attuazione del CCNL, Area I, anni 2002-2005, lo stipendio fondamentale comprende la retribuzione tabellare, quella individuale di anzianità, la retribuzione di posizione-parte fissa, nonché il maturato economico annuo e l’assegno ad perso­nam ove acquisito e spettante in relazione ai previgenti contratti collettivi nazionali.

Il trattamento economico accessorio è da intendersi quale riconoscimento economico legato alla po­sizione organizzativa del dirigente correlata alle funzioni attribuite, all’effettivo livello di responsabilità, alla diversità dell’impegno richiesto e alla collocazione istituzionale dell’ufficio ricoperto. Esso presenta, pertanto, una struttura articolata in due diverse voci retribu­tive: un elemento di “posizione – parte variabile” e “un elemento di risultato”.

La prima voce retributiva remunera la posizione organizzativa del dirigente e vie­ne rapportato alla complessità dell’incarico e alle funzioni attribuite. La retribuzione di posizione, infatti, è da sempre graduata secondo criteri predeterminati dalla contrattazione collettiva che esprimono lo specifico valore economico della singola posizione diri­genziale all’interno di ciascuna amministrazione.

La seconda voce retributiva, cioè la retribuzione di risultato, lega la retribuzione a fattori quali la responsabilità attribuita al dirigente e alla cosiddetta performance, rappresentando un risultato ispirato a una ratio normativa volta ad una sorta di omo­logazione del lavoro pubblico a quello privato.

Il predetto istituto permette, da un lato, di attribuire il trattamento economico in funzione degli obiettivi preventivamente assegnati e dei risultati eventualmente raggiunti, e dall’altro, alla valorizzazione della contrattazione individuale competente a prevedere il trattamento economico legato al raggiungimento dei risultati predeterminati. La logica premiale, pertanto, è prevalsa a seguito dell’introduzione, da parte del d.lgs. n. 150 del 2009, di ulteriori tre commi (1-bis, 1-ter e 1-quater) aggiunti al dettato originario del medesimo art. 24.

Il comma 1-bis stabilisce che il trattamento economico accessorio deve co­stituire almeno il 30% della retribuzione complessiva del dirigente, al netto dell’an­zianità di servizio e degli incarichi aggiuntivi. Tale norma è stata resa operativa nel successivo comma 1-ter, il quale impone l’obbligo ai contratti collettivi nazionali di incrementare progressivamente la componente legata al risultato, destinandovi tutti gli incrementi previsti per la parte accessoria della retribuzione adeguatamente da realizzarsi perentoriamente nel termine di due tornate contrattuali.  A ciò si aggiunga che, secondo quanto stabilito dal comma 1-quater del medesimo art. 24, la retribu­zione di risultato non potrà essere corrisposta al dirigente qualora l’amministrazione di appartenenza non abbia predisposto un apposito sistema di valutazione. La ratio legis della predetta normativa è quella di sancire un legame definitivo tra valuta­zione positiva dell’attività dirigenziale e corresponsione del trattamento retributivo di risultato.

Ne consegue che il mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati comporterà la mancata corresponsione di questa parte di retribuzione, sempre che tale mancanza sia imputabile al dirigente e sia tale da integrare una fattispecie di responsabilità dello stesso. Dall’attribuzione di almeno il 30% della retribuzione di risultato restano esclusi i dirigenti del Servizio sanitario nazionale per le caratteristi­che specifiche del settore della sanità pubblica, che è già espressamente regolato dalla contrattazione collettiva.

Il comma 2 del medesimo art. 24 del d.lgs. n. 165/2001 prevede espressamente la coesistenza della contrattazione collettiva con quella individuale per i dirigenti generali, purché si assumano come parametri di riferimento i valori economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree dirigenziali.

Il comma 3 dell’art. 24 più volte citato sancisce il principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti, che remunera tutte le funzioni e i compiti, non­ché qualsiasi incarico ad esse attribuiti dall’amministrazione. Detta disposizione ha il fine di razionalizzare e semplificare gli elementi retributivi ed ha lo scopo di limitare la dilagante discrezionalità delle amministrazioni, diretta ad ampliare le diverse voci retributive.

Alla medesima ratio semplificatrice risponde il principio di assorbimento, inserito nel comma 7 del predetto articolo 24. Secondo tale principio i compensi spettanti in base a norme speciali vengono assorbiti nel trattamento eco­nomico stabilito ai sensi dei commi precedenti della citata normativa.

Pertanto, una volta pattuito «il trattamento economico delineato ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 24, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, attraverso la sottoscrizione di un contratto individuale, tale corrispettivo «remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti […] nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa».

Questa impostazione trova la sua ratio nella predeterminazione del compenso spettante al dirigente, che in tal modo non sarà legittimato a richiedere somme ulteriori a seguito dell’espletamento di attività funzionalmente ritenute connesse a quella principale. Naturalmente, il trattamento retributivo previsto per il dirigente deve intendersi nella totalità delle sue componenti principali, accessorie, di posizione e di risultato. La linea di confine tra gli incarichi inclusi nella retribuzione predeterminata e quelli remunerabili separatamente dovrebbe dunque essere costituita dal rapporto di “terzietà” della profanazione dell’amministrazione con la quale il dirigente entra in contatto per quello specifico ed ulteriore rapporto e, allo stesso tempo, dall’inin­flu­enza del ruolo già svolto ai fini dell’ottenimento dell’attribuzione dell’incarico.

In altri termini, il punto di criticità è costituito dalle attività che non rappresentano «una rigida proiezione della sfera di azione dell’amministrazione», ma che piuttosto rientrano tra quelle che, da un lato, la pubblica amministrazione potrebbe affidare indifferentemente ad altri soggetti e, dall’altro, che il dirigente potrebbe svolgere presso altre amministrazioni, previa autorizzazione.

Peraltro, la medesima Corte di Cassazione ha spesso affermato che nell’ipotesi della reggenza di un ufficio dirigenziale della Pubblica Amministrazione temporaneamente vacante da parte di un dirigente la pretesa a percepire ulteriori compensi è ricollegabile soltanto alla avvenuta stipula del contratto individuale (così Cass. Sentenza n. 32505/2021). Nel caso di conferimento illegittimo di tale incarico, può trovare applicazione l’articolo 2126 codice civile, riferibile alle ipotesi in cui la prestazione lavorativa sia eseguita in assenza di titolo per la nullità del rapporto di lavoro e non a quelle in cui i compititi attribuiti, sia pure sulla base di determinazioni amministrative illegittime, siano comunque riconducibili alla qualifica posseduta.

La medesima ordinanza n. 6521/2024 della Corte di Cassazione ,qui annotata, ha, inoltre, censurato la statuizione con la quale sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile la richiesta subordinata di indennizzo, per ingiustificato arricchimento, in ragione dell’assenza del provvedimento di conferimento dell’incarico quale titolo giustificativo della prestazione lavorativa resa.

In merito, si osserva che il trattamento economico chiesto dal dipendente non è dovuto in ragione del carattere onnicomprensivo della retribuzione del dirigente, secondo lo statuto giuridico di quest’ultimo, di talché non è configurabile un arricchimento senza causa dell’Amministrazione, da poter far valere con l’azione sussidiaria di indebito arricchimento.

Nicola Niglio, consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Scuola Nazionale dell’Amministrazione

Visualizza il documento: Cass., ordinanza 12 marzo 2024, n. 6521

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