La Corte Costituzionale si pronuncia in merito agli effetti del congedo per maternità nell’ambito dell’ordinamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria
10 Aprile 2024|La Corte Costituzionale, con sentenza n. 211 del 4 dicembre 2023, qui annotata, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 27, comma 2, e 28, comma 4, del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria), nella parte in cui non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria – che abbiano ottenuto l’idoneità al servizio a seguito della partecipazione al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità – siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza, ai fini giuridici, attribuita agli altri vincitori dello stesso concorso.
La prima delle disposizioni censurate, l’art. 27, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, prevedeva che «[g]li allievi ispettori di sesso femminile, la cui assenza oltre novanta giorni è stata determinata da maternità, sono ammessi a partecipare al primo corso successivo ai periodi di assenza dal lavoro previsti dalle disposizioni sulla tutela delle lavoratrici madri».
La seconda disposizione censurata, invece, sempre nel testo vigente ratione temporis, stabiliva che «[i]l corso semestrale di cui al comma 2 può essere ripetuto una sola volta. Gli allievi che abbiano superato gli esami finali del corso conseguono l’idoneità per la nomina a vice ispettore. Gli allievi che non abbiano superato i predetti esami sono restituiti al servizio d’istituto e sono ammessi alla frequenza del corso successivo».
Nel caso di specie, un’ispettrice del Corpo di Polizia Penitenziaria aveva presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio per ottenere l’annullamento dell’atto con cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (c.d. DAP) aveva stabilito la decorrenza dell’immissione in ruolo della ricorrente come vice-ispettrice in prova a decorrere dalla medesima data a partire dalla quale erano stati immessi in ruolo gli altri partecipanti al corso di formazione successivo a quello cui la ricorrente non aveva potuto partecipare.
Invero, la ricorrente, ben tredici anni prima della predetta data, era risultata vincitrice del concorso pubblico per allievi vice-ispettori del Corpo di Polizia Penitenziaria e, in applicazione della normativa in materia di astensione obbligatoria dal lavoro per le condizioni gravidanza di cui all’art. 17, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), era stata ammessa a partecipare al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro.
Tale corso, attivato solo dodici anni più tardi, era stato superato con esito positivo dalla ricorrente, la quale, tuttavia, veniva immessa in ruolo a partire dalla data del giuramento, analogamente agli altri partecipanti a detto corso.
Atteso che il TAR Lazio respingeva il ricorso della vice-ispettrice, quest’ultima presentava ricorso al Consiglio di Stato, il quale sollevava questioni di legittimità costituzionale delle norme sopra richiamate con riferimento agli artt. 3, 31, 37 e 117, primo comma della Costituzione – quest’ultimo con riguardo ad alcune disposizioni del diritto eurounitario e del diritto internazionale in materia di discriminazione e di pari opportunità -, nella parte in cui le disposizioni normative considerate non prevedono che le vincitrici del concorso per vice ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria, ammesse a partecipare al primo corso di formazione successivo all’assenza dal lavoro per maternità, siano immesse in ruolo con la medesima decorrenza giuridica attribuita agli altri vincitori dello stesso concorso.
La Corte Costituzionale, nel decidere in merito alle questioni sollevate dal Consiglio di Stato, ritiene, innanzitutto, che le disposizioni censurate si pongano in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, atteso che l’immissione in ruolo posticipata sino alla conclusione del successivo corso comporta una discriminazione delle vincitrici assenti dal primo corso a causa della maternità rispetto agli altri vincitori dello stesso concorso.
Non solo. Secondo la Consulta, la disciplina di cui all’ordinanza del Consiglio di Stato viola, altresì, i principi sanciti dall’art. 31 e 37 della Costituzione, i quali tutelano la maternità, nonché l’interesse primario dei minori.
La Corte Costituzionale rileva, invero, che gli istituti nati a salvaguardia della maternità hanno non solo il fine di proteggere la donna, bensì anche quello di tutelare l’interesse dei minori, sia con riguardo ai bisogni fisiologici dello stesso, sia con riferimento alle sue esigenze di carattere relazionale ed affettivo (cfr. Corte Cost., 22 novembre 2012, n. 257 del 2012; nello stesso senso, Corte, 14 ottobre 2005; Corte Cost, 23 maggio 2003, n. 179).
Inoltre, evidenzia la Consulta, nell’ambito del diritto eurounitario, con la direttiva n. 2006/54/CE, è stato sancito che il divieto di discriminazione fondata sul sesso e di qualsiasi trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità trovi applicazione non solo all’accesso al lavoro, ma anche alla formazione professionale (art. 14, lettere a e b, della direttiva citata), secondo principi poi recepiti nell’ordinamento italiano all’interno del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. Codice delle pari opportunità tra uomo e donna).
Con riferimento specifico, poi, agli effetti del congedo per maternità nell’ambito dell’ordinamento del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, i Giudici richiamano la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha ritenuto non conforme al diritto eurounitario la disciplina italiana concernente i corsi di formazione per la nomina a vice commissario della Polizia penitenziaria, nella parte in cui tale normativa si limitava a riconoscere alla donna che avesse fruito del congedo per maternità il diritto di partecipare a un corso di formazione organizzato in data successiva ma incerta, non essendovi alcuno obbligo per le autorità competenti di organizzare detto corso secondo scadenze prestabilite (cfr. CGUE, prima sezione, sentenza 6 marzo 2014, in causa C-595/12, Napoli).
La Consulta, dunque, giunge alla conclusione che, nel differire l’immissione in ruolo delle vincitrici del concorso assenti per maternità, le disposizioni censurate determinino un’ingiustificata disparità di trattamento delle donne in ragione della maternità, in contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 31 e 37 Cost., poiché compromettono il tempestivo accesso delle donne all’impiego e comportano il rischio di disincentivare la partecipazione al concorso e, addirittura, la scelta della maternità.
I Giudici ritengono, altresì, che debba trovare applicazione il meccanismo della retrodatazione della decorrenza degli effetti giuridici dell’immissione in ruolo, in quanto idoneo a far venire meno la penalizzazione delle donne assenti dal corso di formazione per maternità, attraverso il riallineamento, ai soli fini giuridici, della loro data di nomina a quella degli altri vincitori del medesimo concorso.
Federica Negri, avvocato in Milano
Visualizza il documento: C. cost., 4 dicembre 2023, n. 211
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