I contratti di c.d. “riallineamento retributivo” e la loro efficacia in relazione alle parti sottoscriventi
12 Luglio 2024|Svolgimento del processo
Una società agricola proponeva opposizione avverso una cartella di pagamento avente ad oggetto i contributi dovuti alla Gestione datori di lavoro agricoli, per gli anni 2001 – 2002 e 2003.
La società aveva aderito ai programmi di riallineamento retributivo, con accordi aziendali di graduale riallineamento dell’1.2.2001, del 22.10.2002 e dell’11.9.2003.
In discussione, tra le parti, la legittimità dei contratti aziendali, ai fini dei benefici di cui all’art. 5 del DL n. 510 del 1996 , convertito con modificazioni in legge n. 608 del 1996 , il Tribunale (pronunciando, prima, con sentenza non definitiva, poi in via definitiva) accoglieva parzialmente la domanda e accertava la legittimità del programma di gradualità al riallineamento fino a settembre 2002.
La decisione era appellata da entrambe le parti.
La Corte di Appello di Catania, con la sentenza impugnata, accoglieva l’impugnazione dell’INPS e dichiarava dovuti anche i contributi per il periodo fino al secondo semestre del 2002.
A fondamento del decisum, per quanto più di interesse, la Corte territoriale chiariva in premessa che la società non aveva sottoscritto accordi di recepimento dei contratti provinciali di riallineamento retributivo, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 910 del 1996, ma, piuttosto, accordi aziendali di graduale riallineamento, che il contratto territoriale della Provincia di Ragusa già contemplava prima ancora che entrasse in vigore l’art. 10 della legge n. 199 del 2016.
La Corte di appello osservava che il contratto di gradualità rimesso all’accordo aziendale è figura diversa dai contratti aziendali di recepimento degli accordi di riallineamento provinciale. Pertanto, in base alla normativa ratione temporis vigente al momento della stipula degli accordi di cui si controverte, gli stessi non erano legittimi.
La Corte di appello prendeva atto che era, però, intervenuto l’art. 10 della legge 199 del 2016 : per i Giudici, la disposizione, pur non integrando una norma di interpretazione autentica, per avere un contenuto precettivo incompatibile con l’art. 5 cit., aveva comunque realizzato una sanatoria ex post, volta sostanzialmente ad equiparare gli effetti dei contratti aziendali di graduale riallineamento a quelli di recepimento degli accordi di riallineamento provinciale.
Nella fattispecie, tuttavia, non si era prodotto l’effetto sanante perché l’art. 10 richiedeva una duplice condizione:
– che gli accordi aziendali venissero sottoscritti da tutte le parti firmatarie del contratto provinciale di riallineamento;
– che intervenissero nel rispetto del requisito temporale di cui all’art. 116 della legge 388 del 2000 (e dunque entro il 17 ottobre 2001).
Nel caso di specie, la prima condizione non era stata rispettata perché gli accordi aziendali non erano stati sottoscritti da tutte le parti firmatarie del contratto provinciale ma soltanto dai rappresentanti dell’Unione provinciale agricoltori di Ragusa e dai rappresentanti della Cgil Cisl e Uil. In particolare, mancava la sottoscrizione da parte dei rappresentanti delle altre due sigle sindacali datoriali, e cioè della Federazione provinciale coltivatori diretti e della Confederazione italiana agricoltori.
Per due dei tre accordi, inoltre, neppure risultava rispettata la seconda condizione temporale.
Era, inoltre, indimostrato e non plausibile l’assunto secondo cui la società aveva comunque erogato retribuzioni conformi al Contratto Provinciale attesa l’adesione ai contratti di gradualità al riallineamento che prevedevano una retribuzione inferiore.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la società, con sette motivi. L’INPS ha resistito, con controricorso.
Il giudizio di legittimità
Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 5 D.L. n. 510 del 1996 e dell’art. 10 della legge n. 199 del 2016 , per avere la sentenza impugnata escluso la natura di norma di interpretazione autentica dell’art. 10 cit. e per aver ritenuto che il contratto di gradualità al programma di riallineamento è figura diversa rispetto al riallineamento stesso.
Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 199 del 2016 , in ordine alla sottoscrizione degli accordi di gradualità. Assume parte ricorrente che la previsione dell’art. 10 secondo cui detti accordi devono essere sottoscritti dalle “stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale” va intesa nel senso della necessaria presenza dell’azienda, da una parte, e delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo provinciale in rappresentanza dei lavoratori, dall’altra parte. La disposizione non può interpretarsi, come ritenuto nella sentenza impugnata, sino a ricomprendere, nel novero dei firmatari necessari, tutte le organizzazioni datoriali che hanno sottoscritto l’accordo provinciale e che, a livello aziendale, non avrebbero alcun interesse e/o funzione per partecipare.
Con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione dei canoni ermeneutici dell’accordo aziendale del 5 dicembre 2000 e dei successivi accordi di declinazione del 17 ottobre 2002 e del 3 luglio 2003, per non aver considerato che, con il primo accordo del 2000, la società aveva aderito al programma di gradualità al riallineamento retributivo, mentre i successivi contratti configuravamo mere “appendici” integrative del primo.
I contratti di c.d. “riallineamento retributivo”
I primi tre motivi sono stati congiuntamente esaminati ponendo questioni strettamente connesse.
Come noto, l’art. 5 del DL n. 510 del 1996 – decreto convertito con modificazioni in legge n. 608 del 1996 – ha introdotto una disciplina volta ad estendere i vantaggi derivanti dalla corretta applicazione dei CCNL, a quei soggetti che, invece, non ne avevano fatto corretta applicazione.
Si è, cioè, prevista una articolata normativa attraverso la quale i datori di lavoro potevano uscire da una situazione di illegalità, in modo graduale, ed accedere ai benefici previsti dall’ordinamento, senza dovere immediatamente sostenere tutti gli oneri a questi connessi; in particolare, sono stati previsti contratti di cd. “riallineamento retributivo” la cui disciplina, nel tempo, è stata oggetto di ripetuti adattamenti e modifiche.
Per grosse linee, l’art. 5 cit. ha previsto che, nelle zone svantaggiate del territorio nazionale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, le imprese, mediante contratti provinciali di riallineamento, potessero progressivamente adeguare le retribuzioni corrisposte agli importi determinati dal CCNL, e sanare profili di irregolarità pregressi.
A loro volta, i singoli datori di lavoro potevano aderire all’accordo provinciale di riallineamento, tramite la sottoscrizione di un verbale aziendale di recepimento “con le stesse parti” che avevano sottoscritto l’accordo provinciale, da depositarsi poi presso la sede provinciale dell’Inps.
Testualmente si riporta, nella parte di rilievo, l’art. 5 del D.L. n. 510 del 1996 : “Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e di consentire la regolarizzazione retributiva e contributiva per le imprese operanti nei territori di cui alle zone (…) è sospesa la condizione di corresponsione dell’ammontare retributivo di cui all’art. 6 , comma 9, lettere a), b) e c), del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338 , convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389 (id est: minimale contributivo). Tale sospensione opera esclusivamente nei confronti di quelle imprese che abbiano recepito o recepiscano gli accordi provinciali di riallineamento retributivo stipulati dalle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (…). Per il riconoscimento di tale sospensione, l’impresa deve sottoscrivere apposito verbale aziendale di recepimento con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale”.
Settore agricolo e integrazioni legislative
Successivamente, per quanto riguarda il settore agricolo che qui interessa, è intervenuto l’art. 10 della legge n. 199 del 2016 che ha così stabilito: “Ai sensi dell’articolo 5 , comma 1, del decreto – legge 1 ottobre 1996, n. 510 (…) gli accordi provinciali di riallineamento retributivo del settore agricolo possono demandare la definizione di tutto o parte del programma di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori agli accordi aziendali di recepimento purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale (…)”.
Può dirsi che, limitatamente al settore agricolo, è stata introdotta una forma di flessibilità del programma di riallineamento, non individuato in modo rigido per tutte le imprese, ma rimesso alle esigenze della singola impresa, a livello aziendale. Ciò a condizione che l’accordo aziendale fosse sottoscritto “con le stesse parti” firmatarie dell’accordo a livello provinciale.
Il profilo in discussione riguarda, in via principale, l’interpretazione della espressione “purché sottoscritti con le stesse parti che hanno stipulato l’accordo provinciale”.
Tuttavia, nelle more del presente giudizio è intervenuto l’art. 3 ter del D.L. n. 103 del 2021 , convertito con modificazioni dalla Legge n. 125 del 2021 , che ha così stabilito:
“1. L’art.10 della legge 29 ottobre 2016, n. 199,si interpreta nel senso che, in relazione alla rappresentatività datoriale, il requisito della sottoscrizione con le stesse parti degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento si intende soddisfatto anche qualora tali accordi aziendali siano sottoscritti dalla sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l’azienda interessata e firmataria dell’accordo provinciale di riallineamento. – 2. La procedura di adesione ai programmi di riallineamento deve essere interpretata nel senso che gli accordi aziendali indicati al comma 1, comunque sottoscritti entro il termine del 17 ottobre 2001, nei quali le parti hanno convenuto di aderire al programma di riallineamento previsto dagli accordi provinciali con gradualità e per il periodo in essi previsto, possono stabilire inizialmente anche un periodo parziale di riallineamento retributivo e possono essere successivamente integrati, in tutto o in parte, per la prosecuzione del riallineamento retributivo, da accordi sottoscritti anche oltre la suddetta data, purché tali accordi siano sottoscritti in data comunque antecedente a quella di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (…)”.
Alla luce dello ius superveniens, vanno senz’altro accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
L’art. 3 chiarisce il tenore della espressione controversa: l’interpretazione autentica conferma l’esegesi di parte ricorrente indicata con il secondo motivo di ricorso;
L’art. 3, inoltre, riconosce alle parti negoziali la possibilità di “integrare” gli accordi aziendali di graduale adesione ai programmi di riallineamento retributivo, anche in epoca successiva al 17 ottobre 2001.
In relazione allo ius superveniens, la sentenza impugnata, a detta della S.C., commette un doppio errore:
– nell’interpretare l’art. 10 cit.: ai fini della legittimità degli accordi aziendali di recepimento dei programmi di riallineamento è sufficiente la sottoscrizione della sola associazione imprenditoriale cui è iscritta l’azienda interessata e firmataria dell’accordo provinciale di riallineamento;
– nel fermare l’indagine, in relazione a due dei tre accordi in discussione, al mero dato temporale: occorre, invece, indagare il contenuto delle intese sopraggiunte e verificare se le stesse configurino o meno “integrazioni” per la prosecuzione del riallineamento retributivo disposto dal contratto aziendale concluso entro il 17 ottobre 2001.
La decisione della Corte di appello è stata pertanto annullata con rinvio, essendo stati accolti, per i profili indicati, il secondo e il terzo motivo di ricorso, più sopra indicati.
L’accoglimento dei predetti motivi ha lasciato assorbite le censure del primo motivo e, altresì, quelle dei motivi dal quarto al settimo, relativi a questioni superabili in caso di positivo accertamento, in sede di riesame del merito, della legittimità degli accordi aziendali.
Pasquale Dui, avvocato in Milano e professore a contratto nell’università degli Studi di Milano-Bicocca
Visualizza il documento: Cass., ordinanza 26 aprile 2024, n. 11211
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