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By Rivista Labor – Pacini Giuridica · 1 May 2024

Aggiornamenti, Contratto di lavoro

L. 29 aprile 2024, n. 56 di conversione del D.L. 2 marzo 2024, n. 19 (c.d. Decreto PNRR): Appalti, benefici contributivi, compliance previdenziale, ispezioni e sanzioni per una ripresa “resiliente” del lavoro regolare*

Premessa

Con gli articoli da 29 a 31 che compongono il Capo V del d.l. 2 marzo 2024, n. 19 (recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR”) – pubblicato in G.U. n. 52 del 2 marzo 2024 – che è stato convertito dalla l. 29 aprile 2024, n. 56 – pubblicata in G.U. n. 100 del 30 aprile 2024, suppl. ord. n. 19 – il Legislatore è intervenuto per introdurre nuovi strumenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, per ampliare le tutele dei lavoratori impiegati in appalto e in altre forme di esternalizzazione, per riformare il sistema delle ispezioni in materia di lavoro e legislazione sociale e per novellare il quadro sanzionatorio in materia di somministrazione di lavoro, appalto e distacco, ma anche di lavoro sommerso e in tema di prestazioni occasionali in agricoltura.

In occasione dell’ennesima decretazione d’urgenza relativa all’attuazione del PNRR, ha ritenuto necessario dare una ridefinizione strutturale all’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), rimodulandone l’assetto funzionale, introducendo nuovi istituti normativi (“Lista di conformità INL”) e, nel contempo, rafforzandone l’organico, ponendo tale operazione accanto a una nuova riscrittura dell’apparato sanzionatorio di natura penale per il lavoro in esternalizzazione, di natura amministrativa per la maxisanzione contro il Lavoro sommerso, ma anche sul piano delle sanzioni civili previdenziali.

Non manca un intervento in materia di qualificazione delle imprese ai fini della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e una disciplina di maggior tutela a garanzia di regolarità dei rapporti di lavoro, non soltanto normativa (legale e contrattuale collettiva), retributiva e contributiva, ma anche prevenzionistica. In questa prospettiva si collocano l’intervento che ha introdotto una disciplina innovativa nella gestione dei rapporti di lavoro di appaltatori e subappaltatori con riferimento alla contrattazione collettiva da applicare ai lavoratori, come pure il ripensamento complessivo della tutela effettiva delle condizioni di lavoro e di regolarità dei rapporti di lavoro intervenendo direttamente sugli spazi applicativi del Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc), che non potrà essere utilmente e validamente rilasciato in assenza della complessiva regolarità dell’impresa, ma anche sugli effetti dei recuperi contributivi a seguito di regolarizzazione, limitando gli effetti negativi sui datori di lavoro.

Requisiti benefici contributivi (Art. 29 comma 1)

Alla lettera a) del comma 1 art. 29 del decreto convertito, si effettua un’interpolazione sul comma 1175 art. 1 l. 27 dicembre 2006, n. 296, come noto, norma che definisce, congiuntamente all’art. 31 d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150, i requisiti generali di accesso a qualsivoglia “beneficio” economico-normativo (secondo il significato attribuito da prassi ministeriale, v. Min. Lav., circ. 30 gennaio 2008, n. 5 e giurisprudenza, v. Cass., 15 marzo 2018, n. 6428) in ambito lavoristico.

In particolare, oltre al possesso del documento unico di regolarità contributiva ex d. m. 30 gennaio 2015, si esplicita la condizione dell’assenza di trasgressioni in materia di lavoro e legislazione sociale, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle condizioni di lavoro nonché di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, naturalmente, fermi restando gli altri obblighi derivanti dalla legge e il “rispetto” (sulle possibili interpretazioni del termine, v. PIGLIALARMI, Dubbi e perplessità sulla circolare n. 7/2019 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in Bollettino ADAPT, 19-2019) dei contratti collettivi nazionali nonché regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Una disposizione che, avendo un effetto “restrittivo” e in voluta contraddizione rispetto all’interpretazione fornita dall’INL, con circolare del 18 luglio 2017, n. 3, preclude al datore di lavoro il godimento del “beneficio”, anche qualora la violazione si riferisca a un singolo lavoratore dell’azienda (Cfr. Atti parlamentari, Camera dei Deputati, D.d.L. C. 1752, V Commissione Bilancio e Tesoro, p. 204).

Con la lettera b) del comma 1 art. 29 del decreto convertito, invece, si introduce il nuovo comma 1175-bis, il quale positivizza il diritto a conservare l’agevolazione, anche in caso di successiva regolarizzazione degli obblighi contributivi e assicurativi nonché delle altre violazioni accertate, purché effettuata entro i termini indicati dagli organi di vigilanza (v. artt. 13 e 14 d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124, artt. 20 e ss. d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 nonché termine di 30 giorni indicato nei verbali previdenziali. Cfr. Atti parlamentari cit., p. 77) e prevedendo, per gli illeciti di natura amministrativa “non sanabili”, un recupero degli stessi comunque in misura non eccedente il doppio dell’importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione.

Una norma, questa, certamente molto attesa dagli operatori pratici del diritto (v. CRUCIANI, La revisione dei requisiti per il rilascio del DURC, in AA. VV., (a cura di), Il Decreto legge 2 marzo 2024, n. 19: le novità in materia di lavoro irregolare e contribuzione, ANCL, 25 marzo 2024, p. 6) e che pone rimedio all’ipotesi della perdita di agevolazioni dal valore economico rilevante, anche a distanza di molto tempo dal loro godimento e a fronte di violazioni di entità patrimoniale trascurabile (Atti parlamentari cit., p. 77) o, addirittura, di carattere meramente formale; situazione che stava caratterizzando, come noto, una cospicua contesa giurisdizionale sulle azioni di “recupero” perseguite da INPS, sul presupposto di anomalie amministrativo ovvero procedurali – v. errori denuncia mensile uniemens -, asseritamente ostative al rilascio del DURC (sul contenzioso in questione, LOMBARDO, Agevolazioni e regolarità contributiva: alcuni principi giurisprudenziali, in Bollettino ADAPT, 23-2021; AVANZI, Durc e benefici contributivi: illegittime le azioni di recupero INPS, in GaL, 14-2022).

A tal riguardo, sullo sfondo, resta tutto da valutare il “coordinamento” dell’inedito comma 1175-bis con altra norma “calmieratrice” precedente, il comma 10 art. 6 d.l. 9 ottobre 1989, n. 338 e s.m.i., anch’essa talvolta utilizzata in giurisprudenza per “risolvere”, giudizialmente, le controversie supra citate (Cfr. App. Bari, 21 maggio 2021, n. 599).

In ogni caso, è interessante segnalare come, secondo le evidenze degli atti parlamentari, le modifiche apportate dal comma 1 art. 29 del decreto convertito, non solo non vengono ritenute suscettibili di comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ma risulterebbe funzionali, per le casse statali, a un incremento degli introiti di natura contributiva e assicurativa (Atti parlamentari cit., p. 204).

Trattamento economico-normativo e responsabilità solidale negli appalti (Art. 29 comma 2)

Con la lettera a) del comma 2 art. 29 del decreto convertito, dopo oltre vent’anni (v. l’abrogazione, con l’art. 85 d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, della l. 23 ottobre 1960, n. 1369), si torna a prescrivere, anche per il settore privato, una disciplina per il regolamento negoziale di tutti i lavoratori “indiretti” impiegati negli appalti, essendo introdotto all’art. 29 d.lgs. 10 settembre 2003 cit., il nuovo comma 1-bis, nel quale si dispone che «Al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nel subappalto spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto».

La norma, con l’intento dichiarato di fronteggiare la prassi di esternalizzare talune attività al solo scopo di abbattere il costo del lavoro, in danno dei lavoratori (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 205), si va così ad aggiungere alle misure di tutela sociale nonché “anti-concorrenziale” già previste per le società cooperative (v. art. 3 l. 3 Aprile 2001, n. 142 e comma 4 art. 7 d.l. 31 Dicembre 2007, n. 248), del terzo settore (art. 16 d.lgs. 3 Luglio 2017, n. 117), del trasporto aereo (art. 203 d.l. 19 Maggio 2020, n. 34 e s.m.i.), per i professionisti attraverso il c.d. “equo compenso” (l. 21 Aprile 2023, n. 49) e, soprattutto, con riferimento agli affidamenti pubblici (art. 11 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).

Sicché, pur non (re)introducendo un vero e proprio principio di “parità di trattamento” (com’era, per gli appalti endoaziendali, l’art. 3 l. 23 ottobre 1960 cit. ovvero com’è attualmente, per la somministrazione di lavoro, l’art. 35 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81) e nemmeno vincolando la scelta datoriale su di un determinato C.C.N.L. (nel rispetto, quindi, dell’art. 39 Cost. Per analogia, v. C. Cost., 26 marzo 2015, n. 51), l’esplicitato diritto a un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore alla contrattazione dotata di rappresentatività comparata, dà la stura, anche in termini di effettività, a un nuovo set di rimedi e strumenti funzionali al contrasto del dumping contrattuale, perpetrato, sinora, per mezzo dell’outsorcing (v. anche INL, Relazione attività INL e Rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, 2022, p. 85).

Invero, nonostante l’incertezza, dovuta all’assenza di regole “chiare” circa la misurazione della rappresentanza sindacale (v. PIGLIALARMI, Gli orientamenti giurisprudenziali in materia di rappresentatività sindacale. Criteri interpretativi e casistiche, in www.bollettinoadapt.it, 14 ottobre 2019), sul contratto collettivo da individuare quale “parametro” di riferimento (a differenza di quanto previsto, invece, dalla prima formulazione testuale del decreto convertito, dove si richiamava il criterio del «maggiormente applicato», volendo probabilmente far leva sui dati uniemens resi disponibili dalla collaborazione CNEL-INPS. Sul punto, AVANZI, CUNDARI, ASNAGHI, Le forme di esternalizzazione del lavoro dopo il DL 19/2024. Prime considerazioni sulle novità in materia di appalti, distacchi e somministrazione, in LCdL, Eutekne, 28-2024, pp. 4-5).

Anche in ragione della prescritta “adattabilità” a seconda dello specifico «oggetto dell’appalto e del subappalto», la tutela lavoristica dei lavoratori potrà presumibilmente passare, oltreché dall’iniziativa giudiziaria individuale (ex art. 36 Cost., alla luce delle sei sentenze “gemelle” della Corte di Cassazione, decise il 14 settembre 2023. V. MISCIONE, Il salario minimo costituzionale affermato dalla Cassazione, in www.altalex.com, 20 ottobre 2023), anche dal procedimento di c.d. “diffida accertativa” (art. 12 d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Per analogia con il settore cooperativo, v. MLPS, circ. 9 novembre 2010 e 1° giugno 2012, n. 10310) o dal provvedimento “di disposizione” (art. 14 d.lgs. 23 aprile 2004 cit.; sulla possibilità di imporre il rispetto di norme contrattual-collettive, v. Cons. di Stato, 21 marzo 2024, n. 2778, con nota di BOCCAFURNI, MANUALI, in D&PL, 16-2024) adottabili da funzionari INL.

Del pari, vi è da osservare come la novella normativa potrebbe pure “interferire”, con capacità espansiva, rispetto alla fattispecie incriminatrice dello sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis c.p. (Cfr. AVANZI, CUNDARI, ASNAGHI, op. cit., pp. 11-12).

Con la lettera b) del comma 2 art. 29 del decreto convertito, si prescrive, invece, che la responsabilità solidale ex comma 2 art. 29 d.lgs. 10 settembre 2003 cit. si applichi anche «nelle ipotesi dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro nei casi di cui all’articolo 18, comma 2, nonché ai casi di appalto e di distacco di cui all’articolo 18, comma 5-bis».

In tal modo, si positivizza una corresponsabilità tra tutti i soggetti interessati dalle fattispecie illecite rispetto alle quali, allo stato, secondo le evidenze degli atti parlamentari, il datore di lavoro “interposto”, non essendo il reale fruitore delle prestazioni, risulterebbe esentato dalla  responsabilità del pagamento dei contributi (art. 19 l. 4 aprile 1952, n. 218), cosa che renderebbe i lavoratori coinvolti da appalti o distacchi non genuini, finanche meno tutelati rispetto al personale impiegato in leciti processi di esternalizzazione (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 78).

Sul punto va tuttavia rilevato come, in realtà, non solo la corresponsabilità del soggetto interposto, già era stata adombrata, seppur in via residuale, dalla prassi amministrativa INL (v. circ. 11 luglio 2018, n. 10), ma anche che, da un’analisi della giurisprudenza di Cassazione, risultava emergente come la questione, quantomeno riguardo alla facoltà d’azione di INPS e INAIL nei confronti di quest’ultimo, non fosse, invero, mai stata affrontata, essendo che l’incidentale affermazione per la quale «la nullità del contratto fra committente ed appaltatore (o intermediario) [comporta] che solo sull’appaltante (o interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali», è sempre stata affermata sotto la diversa prospettiva del lavoratore (v. Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2006, n. 22910) ovvero del disconosciuto committente (v. Cass. 21 dicembre 2011, n. 28061; Cass. 4 gennaio 2016, n. 20; Cass. 26 maggio 2020, n. 9782) e, in specie, rispetto alla valenza satisfattiva dei contributi già eventualmente versati dallo pseudo appaltatore.

Tant’è che di recente, una interessante pronuncia della Corte d’Appello di Milano, anche attingendo da principi sull’autonomia del rapporto contributivo (Cass., 2 luglio 2019, n. 17705), già si era posta in chiaro sostegno rispetto a una permanente responsabilità del titolare “apparente”, affermando che «Il sistema non ha concesso al datore di lavoro formale che si voglia liberare dell’obbligo contributivo la facoltà di agire nei confronti dei lavoratori e degli enti previdenziali per far accertare in via incidentale la somministrazione irregolare [essendo che tale iniziativa] non è in grado di sortire alcun effetto estintivo poiché […] il somministratore irregolare rimane comunque corresponsabile del pagamento dei contributi a prescindere dall’accertamento positivo dell’illiceità dell’appalto» (Cfr. App. Milano, 15 febbraio 2023, n. 102).

Da ultimo, potrebbe altresì osservarsi come, da una parte, sembra essersi persa l’occasione per “correggere” il termine decadenziale dei «due anni dalla cessazione dell’appalto», testualmente tutt’ora riferito anche all’obbligazione contributiva/assicurativa, nonostante la sua assodata, per via giurisprudenziale, non applicabilità alla fattispecie (Ex multis Cass., 4 luglio 2019, n. 18004; Cass., 4 settembre 2019, n. 22110; Cass., 19 luglio 2023, n. 21390).

Dall’altra e del pari, mancata pare anche l’opportunità per estendere, in modo espresso e sulla scorta delle riflessioni già operate dalla Consulta (Cfr. C. Cost., 6 dicembre 2017, n. 254), un principio di responsabilità solidale che coinvolga, a prescindere dal nomen, tutte le possibili e “moderne” forme di decentramento produttivo (sul punto, v. AVANZI, CUNDARI, ASNAGHI, op. cit., pp. 13-14).

 Nuovo apparato sanzionatorio penale e amministrativo (Art. 29 commi da 3 a 6)

Accanto alla centratura del nuovo profilo di tutela per gli appalti e le esternalizzazioni, il decreto-legge n. 19 del 2024 pone, sotto altro, ma connesso, profilo, uno specifico e ampio intervento sull’assetto sanzionatorio in materia di appalti, somministrazione e distacco, ma anche di mercato del lavoro, lavoro sommerso e lavoro occasionale in agricoltura; in effetti, nel corpo dell’articolo 29 del decreto in esame si situa un ripensamento complessivo delle condizioni di regolarità e irregolarità del lavoro in esternalizzazione e circa le violazioni in materia di lavoro “in nero”.

Somministrazione, appalto e distacco

Così per effetto del decreto-legge n. 19 del 2024 tornano ad essere di natura penale le reazioni punitive (Cfr. GIUNTELLI, Il decreto PNRR n. 19/2024 (ri)attribuisce rilevanza penale agli illeciti previsti dall’art. 18 D.lgs 276/2003, in www.giustiziainsieme.it, 26 aprile 2024), individuate come contravvenzioni dunque, poste a tutela delle somministrazioni abusive e delle utilizzazioni illecite, dell’appalto illecito e del distacco illecito, mentre si rafforza la sanzione penale per la somministrazione fraudolenta, che rimane e si rafforza come il principale intervento punitivo in materia di lavoro esternalizzato (Cfr. LIPPOLIS, Appalti e somministrazione illecita di manodopera: ritornano le sanzioni penali, in Quotidiano Ipsoa, 11 marzo 2024; ASNAGHI, Le esternalizzazioni produttive e il d.l. 19/2024: più ombre che luci?, in Sintesi, 3-2024, pp. 12-17), dopo l’art. 603-bis del codice penale che punisce il delitto di intermediazione con sfruttamento della manodopera.

Di seguito, sinteticamente, il nuovo quadro sanzionatorio novellato dal decreto-legge n. 19 del 2024, a partire dalle modifiche apportate all’art. 18, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (art. 29, comma 4, decreto-legge n. 19 del 2024):

a) somministrazione abusiva – l’esercizio non autorizzato delle attività di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato e determinato è punito con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro (art. 18, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

b) utilizzazione illecita – la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro si applica anche nei confronti dell’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli autorizzati o comunque al di fuori dei limiti previsti (art. 18, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

c) intermediazione abusiva – l’esercizio non autorizzato delle attività di intermediazione è punito con la pena dell’arresto fino a sei mesi e dell’ammenda da euro 1500 a euro 7500; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da euro 600 a euro 3.000 (art. 18, comma 1, terzo e quarto periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

d) ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale abusivi – l’esercizio non autorizzato delle attività di ricerca e selezione del personale e di supporto alla ricollocazione professionale è punito con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda da euro 900 ad euro 4.500; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a 45 giorni o dell’ammenda da euro 300 a euro 1.500 (art. 18, comma 1, sesto e settimo periodo, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

e) appalto illecito – nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003 l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (art. 18, comma 5-bis, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

f) distacco illecito – nei casi di distacco privo dei requisiti di cui all’art. 30, comma 1, d.lgs. n. 276 del 2003 l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione (art. 18, comma 5-bis, d.lgs. n. 276 del 2003, come sostituito dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024).

g) somministrazione fraudolenta – quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione (art. 18, comma 5-ter, d.lgs. n. 276 del 2003, introdotto dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024; conseguentemente l’art. 38-bis del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 è abrogato dall’art. 29, comma 5, del decreto-legge n. 19 del 2024).

D’altra parte, gli importi delle pene pecuniarie stabilite dal novellato art. 18 del d.lgs. n. 276 del 2003 sono aumentati del 20% se, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per gli stessi illeciti (art. 18, comma 5-quater, d.lgs. n. 276 del 2003, introdotto dall’art. 29, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2024), conseguentemente:

somministrazione abusiva e utilizzazione illecita in recidiva – sono punite con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 72 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro;

intermediazione abusiva in recidiva – è punita con la pena dell’arresto fino a sei mesi e dell’ammenda da euro 1.800 a euro 9.000; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da euro 720 a euro 3.600;

ricerca e selezione e supporto alla ricollocazione professionale abusivi in recidiva – sono punite con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda da euro 1.080 ad euro 5.400; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a 45 giorni o dell’ammenda da euro 360 a euro 1.800.

appalto e distacco illecito in recidiva – sono puniti con la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 72 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.

somministrazione fraudolenta in recidiva – è punita con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 120 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

Non toccata dal d.l. n. 19 del 2024 la previsione aggravante relativa all’impiego dei minori non in età di lavoro che già puniva i reati di somministrazione abusiva e utilizzazione illecita (se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo, vale a dire a 360 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione), intermediazione abusiva (se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo, vale a dire a da euro 8.000 a euro 45.000; se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da euro 3.600 a euro 18.000), appalto e distacco illecito (se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo, vale a dire a 360 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione). L’aggravante dello sfruttamento dei minori non è prevista, tuttavia, per la somministrazione fraudolenta.

Infine, scarsamente comprensibile, rispetto alle previsioni del Codice penale, la previsione contenuta nel nuovo comma 5-quinquies dell’art. 18 del d.lgs. n. 276 del 2003, secondo cui «l’importo delle pene pecuniarie proporzionali (…), anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000». Giacché se nulla osta all’eventuale fissazione di un limite edittale minimo (l’art. 26 codice penale stabilisce che la pena dell’ammenda consiste nel pagamento di una somma non inferiore a euro 20), quanto al limite massimo l’art. 27, comma 2, codice penale espressamente sancisce che “le pene pecuniarie proporzionali non hanno limite massimo”.

D’altronde, sulla questione, sembrerebbe doversi ritenere ancora valido quanto già chiarito dal Ministero del Lavoro con riferimento ai medesimi limiti che operavano per le sanzioni depenalizzate, in caso di appalto illecito che coinvolga più soggetti (ad es. più appaltatori), il limite di 50.000 euro trova applicazione con riguardo a ciascun appalto (Cfr. MLPS, nota 9 agosto 2016, n. 15764).

Maxisanzione contro il lavoro sommerso

Sotto altro profilo il Legislatore interviene sul piano sanzionatorio amministrativo per aumentare di un ulteriore 10% la misura della maxisanzione contro il lavoro sommerso di cui all’art. 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 (in questo senso l’art. 29, comma 3, del decreto-legge n. 19 del 2024, che modifica l’art. 1, comma 445, lettera d), numero 1), della legge 30 dicembre 2018, n. 145 portando al 30% l’originario aumento previsto dal 1° gennaio 2019 al 20%).

Il quadro sanzionatorio dell’ipotesi base, dunque, si struttura nelle seguenti tre soglie di gravità (LIPPOLIS, Maxisanzione: quanto costa impiegare lavoratori in nero, in D&PL, 17-2024, pp. 1051-1057), in ordine crescente:

– da 1.950 a 11.700 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da 2.400 a 14.400 euro);

– da 3.900 a 23.400 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da 4.800 a 28.800 euro);

– da 7.800 a 46.800 euro per ciascun lavoratore irregolare per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da 9.900 a 57.600 euro).

Rimane poi fermo l’incremento sanzionatorio del 20% previsto in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, o con permesso scaduto e non rinnovato (art. 22, c. 12, D.Lgs. n. 286/1998), ovvero anche di minori in età non lavorativa (art. 3, c. 3-quater) o di soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza o dell’assegno di inclusione o del supporto per la formazione e il lavoro (anche quando il lavoratore “in nero” appartiene al nucleo familiare destinatario del beneficio senza esserne il diretto richiedente; art. 8, c. 13, D.L. n. 48/2023; art. 7, c. 15-bis, D.L. n. 4/2019; INL, circ. n. 8/2019; nota n. 7964/2019).

Prestazioni occasionali in agricoltura

Da ultimo, sul piano delle sanzioni in materia di lavoro, il decreto convertito interviene sul quadro sanzionatorio relativo alle prestazioni di lavoro occasionale a tempo determinato in agricoltura di cui all’art. 1, commi 343-354, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, per abolire la sanzione amministrativa da 500 euro a 2.500 euro per ogni giornata per la quale risultava accertata la violazione già prevista per l’omessa comunicazione delle prestazioni (rimanendo ora la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato), lasciando in vigore la sanzione amministrativa da 500 euro a 2.500 euro per ciascun lavoratore al quale si riferisce la violazione in caso di utilizzo da parte dell’impresa agricola di soggetti diversi da quelli previsti dalla legge, senza possibilità di applicare la procedura di diffida di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 124 del 2024 (art. 29, comma 6, del decreto-legge n. 19 del 2024). Tale sanzione, tuttavia, non opera se la violazione da parte dell’impresa agricola deriva da informazioni incomplete o non veritiere contenute nell’autocertificazione resa dal lavoratore.

Lista di conformità INL (Art. 29 commi da 7 a 9)

Sotto altro piano, la nuova dimensione delle funzioni ispettive differenziate determinata dall’art. 31 del d.l. n. 19 del 2024 (vedi infra), fa da sfondo alla introduzione della «Lista di conformità INL» di cui l’art. 29, comma 7, del decreto-legge n. 19 del 2024, per cui “all’esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale, ivi compresa la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in caso non emergano violazioni o irregolarità”, l’Ispettorato deve rilasciare un apposito attestato e iscrivere, “previo assenso”, il datore di lavoro nell’elenco informatico (consultabile pubblicamente, tramite il sito internet istituzionale dell’INL) che costituisce la lista di conformità.

L’iscrizione nella lista (effettuata nel rispetto della tutela del trattamento dei dati di cui al GDPR) determina per i datori di lavoro il non essere sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione, ad ulteriori verifiche da parte dell’INL “nelle materie oggetto degli accertamenti”, fatta eccezione per gli accertamenti ispettivi che potranno essere sempre effettuati, vale a dire: le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, quelle programmate in forza di richiesta di intervento (da parte di lavoratori, associazioni o organizzazioni sindacali, istituzioni, enti), nonché le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica.

Potranno ovviamente svolgere accertamenti tutti gli altri organismi di vigilanza (compresi INPS e INAIL) e in caso di violazioni o irregolarità accertate attraverso elementi di prova acquisti dagli altri organi di vigilanza, l’INL provvede a cancellare il datore di lavoro dalla Lista di conformità INL.

La congruità della manodopera (Art. 29 commi da 10 a 14)

Con i commi da 10 a 14 art. 29 del decreto convertito, vengono apportate significative modifiche al c.d. “DURC di congruità” ossia la certificazione, rilasciata dalla Cassa Edile/ Edilcassa territorialmente competente, relativa alla congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nel compimento di lavorazioni edili.

Al comma 10, facendo espresso rinvio ai «casi e secondo le modalità» previste dal d.m. 25 giugno 2021, n. 143, a sua volta previsto dall’art. 8 comma 10-bis d.l. 16 luglio 2020, n. 76 e s.m.i. nonché attuativo dell’Accordo collettivo di settore del 10 settembre 2020 (Cfr. art. 1 d.m. 25 giugno 2021 cit.), si individua nel responsabile del progetto, per gli affidamenti pubblici e nel committente, relativamente agli appalti privati, il soggetto deputato alla verifica della suddetta congruità, prima di procedere al saldo finale dei lavori.

Mentre ai commi 11 e 12, si disciplinano, in caso di omissione dell’anzidetto adempimento, le conseguenze “sanzionatorie”, con accertamento demandato agli organi di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale:

  • Per gli appalti della pubblica amministrazione di valore complessivo (sul significato del termine, CNCE, FAQ_Edilconnect II, p. 1 e VI, p. 3) pari o superiore a € 150.000, ferma restando gli eventuali profili di responsabilità erariale, si dispone l’incidenza negativa ai fini della valutazione delle performance – propedeutica, come noto, all’attribuzione del trattamento economico accessorio e alle progressioni di carriera -, con comunicazione ad ANAC dell’esito degli accertamenti della violazione, anche ai fini di verificare la corretta esecuzione del contratto pubblico.
  • Relativamente agli appalti del settore privato di valore complessivo (v. supra) pari o superiore a € 500.000, si prescrive, invece, una sanzione amministrativa, a carico del committente (recte “trasgressore/i”; Cfr. l. 24 novembre 1981, n. 689), da € 1.000 a € 5.000.

In sostanza, la novella normativa, ancorché rispetto un ambito oggettivo di applicazione più ristretto (v. art. 2 d.m. 25 giugno 2021 cit., anche se le “soglie” sembrano destinate ad essere armonizzate. Cfr. art. 28 Schema d.l. recante «Ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione», C.d.M., 30 aprile 2024), supera ambiguità e lacune precedenti, da una parte, individuando puntualmente i soggetti onerati dell’obbligo di richiesta del certificato di congruità, dall’altra, prevedendo per quest’ultimi uno specifico apparato sanzionatorio (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 206), questo, evidentemente, in aggiunta alla già prevista incidenza negativa, in caso di mancata congruità, sulle richieste di DURC effettuate dall’impresa affidataria (v. art. 5 d.m. 25 giugno 2021 cit.).

Esonero assunzioni lavoro di cura (Art. 29 commi da 15 a 18)

Con finalità di migliorare le prestazioni a favore delle persone anziane non autosufficienti e, soprattutto, di stimolare la regolarizzazione del lavoro “sommerso” prestato a domicilio, attingendo dalle risorse del “Programma Nazionale Giovani, Donne e Lavoro 2021 – 2027”, si introduce una nuova decontribuzione a favore dei datori di lavoro domestici, in caso di assunzioni ovvero trasformazioni a tempo indeterminato, di contratti aventi a oggetto le mansioni di assistente a soggetti anziani, con età anagrafica di almeno ottanta anni e già titolari dell’indennità di accompagnamento ex comma 1 art. 1 l. 11 febbraio 1980, n. 18.

Nello specifico, con decorrenza che sarà comunicata da INPS a conclusione delle procedure di ammissione a finanziamento del Piano supra citato (ipotizzata, nello stimare la provvista finanziaria, al 1° aprile 2024. Cfr. Atti parlamentari cit., p. 207) e fino al 31 dicembre 2025, si prevede un esonero, per un periodo massimo di 24 mesi, pari al 100 % dei complessivi contributi previdenziali e assicurativi a carico del titolare del contratto, con un limite massimo annuo di € 3.000 e fermo restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

La platea dei potenziali beneficiari viene ulteriormente circoscritta, da una parte, attraverso la prescrizione, per il datore di lavoro beneficiario, di un requisito ISEE (ex art. 6 d.p.c.m. 5 dicembre 2013, n. 159) non superiore a € 6.000, dall’altra, con finalità antielusiva (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 82), escludendo dalla misura le assunzioni successive a precedente rapporto di lavoro, intervenuto, per le mansioni di assistente a soggetti anziani, tra le medesime parti o con altra persona del nucleo familiare del datore di lavoro, se cessato da meno di 6 mesi nonché qualora il nuovo rapporto riguardi parenti o affini dello stesso, salvo i casi di cui al comma 3, numeri da 1) a 5) art. 1 d.p.r. 31 dicembre1971, n. 1403.

A commento della misura non può non evidenziarsi, rispetto all’entità stimata di lavoro di cura “irregolare”, secondo taluni studi, vicino al 1.000.000 di lavoratori (v. Osservatorio DOMINA sul lavoro domestico, 5° Rapporto annuale, 2023, p. 123), l’esigua portata dell’azione legislativa posto che, secondo i preventivi di spesa, i contratti di lavoro “beneficiari” vengono preventivati in un numero pari a 10.000 nel 2024 e 20.000 del 2025 (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 208).

Questo a dispetto di una struttura dell’incentivo che, in effetti, stante il “contenuto” regime contributivo già applicabile al rapporto di lavoro domestico (Cfr. d.p.r. 31 dicembre 1971 cit.; INPS, circ. 29 gennaio 2024, n. 23) oltreché la sua sostanziale permanenza nell’area di c.d. “libera recedibilità” del contratto di lavoro (art. art. 2244 c.c.; art. 4 l. 11 maggio 1990, n. 108), parrebbe avere le carte in regola per sollecitare l’emersione di un’economia, altrimenti, per ragioni di ritenuta “convenienza”, in gran parte ancora celata alla pubblica amministrazione.

“Patente a crediti” per la qualificazione di imprese e lavoratori autonomi (art. 29, comma 19)

In materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro l’art. 29, comma 19, del decreto-legge n. 19 del 2024 sostituisce integralmente l’art. 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introducendo un sistema di qualificazione tramite crediti per le imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili di cui all’art. 89, comma 1, lettera a), dello stesso d.lgs. n. 81 del 2008, detto “patente a crediti” o anche “patente a punti”, obbligatoria per tutte le attività del Titolo IV del d.lgs. n. 81 del 2008, le cui informazioni confluiscono in un’apposita sezione del Portale nazionale del sommerso (art. 10 del d.lgs. n. 124 del 2004), unitamente a ogni informazione utile contenuta nel Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (art. 8, d.lgs. n. 81 del 2008).

Sono esclusi dall’obbligo del possesso della “patente a crediti” coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura intellettuale, mentre le imprese e i lavoratori autonomi stabiliti in uno Stato membro dell’Unione europea diverso dall’Italia o in uno Stato non appartenente all’Unione europea dovranno possedere un documento equivalente rilasciato dalla competente autorità del Paese d’origine e, nel caso di Stato non appartenente all’Unione europea, validamente riconosciuto secondo la legge italiana. Inoltre, non sono tenute al possesso della patente le imprese con attestato di qualificazione SOA in classifica pari o superiore alla III, di cui all’art. 100, comma 4, del decreto legislativo n. 36 del 2023 (art. 27, comma 15, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

Nelle modalità e secondo i criteri individuati da apposito decreto del Ministro del lavoro (per il quale, tuttavia, la norma non fissa un termine di adozione, ma solo che debba essere sentito l’INL), la patente sarà rilasciata, con oneri a carico del bilancio dell’INL, a partire dal 1° ottobre 2024, in formato digitale, dalla competente sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro se il responsabile legale dell’impresa o il lavoratore autonomo richiedente risulterà in possesso dei seguenti requisiti: iscrizione alla camera di commercio industria, artigianato e agricoltura; adempimento degli obblighi formativi previsti dal d.lgs. n. 81 del 2008 (da parte di datore di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori autonomi e prestatori di lavoro); Documento unico di regolarità contributiva in corso di validità (DURC); Documento di Valutazione dei Rischi (DVR); certificazione di regolarità fiscale (cd. Documento Unico di Regolarità Fiscale o DURF, di cui all’art. 17-bis, commi 5 e 6, del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241); avvenuta designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

In ottica di semplificazione e accelerazione procedimentale, il possesso dei requisiti ora elencati deve essere autocertificato dall’interessato secondo le disposizioni del DPR 28 dicembre 2000, n. 445 (art. 27, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

Nelle more del rilascio della patente è temporaneamente consentito lo svolgimento delle attività di cui al Titolo IV del d.lgs. n. 81 del 2008, salva diversa comunicazione notificata dall’INL.

La patente rilasciata dall’INL viene revocata in caso di dichiarazione non veritiera sulla sussistenza di uno o più requisiti necessari, accertata in sede di controllo successivo; decorsi dodici mesi dalla revoca, l’impresa o il lavoratore autonomo può richiedere il rilascio di una nuova patente (art. 27, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

La patente è dotata di un punteggio iniziale di 30 crediti e consente di operare nei cantieri temporanei o mobili, con una dotazione almeno pari a quindici crediti; una dotazione inferiore non consente di operare, è consentito soltanto il completamento delle attività oggetto di appalto o subappalto in corso di esecuzione, quando i lavori eseguiti sono superiori al 30% del valore del contratto, salva l’adozione dei provvedimenti di sospensione previsti dall’art. 14 del d.lgs. n. 81 del 2008. Con altro decreto del Ministro del lavoro, sentito l’INL, sono individuati i criteri di attribuzione di crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale, nonché le modalità di recupero dei crediti decurtati (art. 27, comma 5, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

Il punteggio della patente subisce le decurtazioni correlate alle risultanze dei provvedimenti definitivi emanati nei confronti dei datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese o dei lavoratori autonomi, nei casi e nelle misure indicati nel nuovo Allegato I-bis al d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, del d.l. n. 19 del 2024 convertito.

Allegato I-bis – Fattispecie di violazioni che comportano la decurtazione dei crediti dalla patente

  FATTISPECIE DECURTAZIONE
DI CREDITI
1 Omessa elaborazione del documento di valutazione dei rischi: 5
2 Omessa elaborazione del Piano di emergenza ed evacuazione: 3
3 Omessi formazione e addestramento: 2
4 Omessa costituzione del servizio di prevenzione e protezione o nomina del relativo responsabile 3
5 Omessa elaborazione del piano operativo di sicurezza: 3
6 Omessa fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto: 2
7 Mancanza di protezioni verso il vuoto: 3
8 Mancata installazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica sulla consistenza del terreno: 2
9 Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi: 2
10 Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi: 2
11 Mancanza di protezione contro i contatti diretti e indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale): 2
12 Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo: 2
13 Omessa notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio di lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto: 1
14 Omessa valutazione dei rischi derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi ai sensi dell’articolo 28: 3
15 Omessa valutazione del rischio biologico e da sostanze chimiche: 3
16 Omessa individuazione delle zone controllate o sorvegliate ai sensi del decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101: 3
17 Omessa valutazione del rischio di annegamento: 2
18 Omessa valutazione dei rischi collegati a lavori in pozzi, sterri sotterranei e gallerie: 2
19 Omessa valutazione dei rischi collegati all’impiego di esplosivi: 3
20 Omessa formazione dei lavoratori che operano in ambienti confinati o sospetti di inquinamento ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177: 1
21 Condotta sanzionata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera a), del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73: 1
22 Condotta sanzionata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera b), del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73: 2
23 Condotta sanzionata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera c), del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73: 3
24 Condotta sanzionata ai sensi dell’articolo 3, comma 3-quater, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, in aggiunta alle condotte di cui ai numeri 21, 22 e 23: 1
25 Infortunio di lavoratore dipendente dell’impresa, occorso a seguito di violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al presente decreto, dal quale derivi un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di 60 giorni: 5
26 Infortunio di lavoratore dipendente dell’impresa, occorso a seguito di violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al presente decreto, che comporti una parziale inabilità permanente al lavoro: 8
27 Infortunio di lavoratore dipendente dell’impresa, occorso a seguito di violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al presente decreto, che comporti un’assoluta inabilità permanente al lavoro: 15
28 Infortunio mortale di lavoratore dipendente dell’impresa, occorso a seguito di violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al presente decreto: 20
29 Malattia professionale di lavoratore dipendente dell’impresa, derivante dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui al presente decreto: 10

Qualora nell’ambito dello stesso accertamento ispettivo vengano contestate più violazioni tra quelle indicate nell’Allegato I-bis, i crediti devono essere decurtati dalla patente in misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione più grave (art. 27, comma 6, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

Sono provvedimenti definitivi le sentenze passate in giudicato e le ordinanze-ingiunzione di cui all’art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, divenute definitive, essi devono essere comunicati, entro trenta giorni, anche con modalità informatiche, dall’amministrazione che li ha emanati all’INL ai fini della decurtazione dei crediti.

Se nei cantieri si verificano infortuni da cui deriva la morte del lavoratore o un’inabilità permanente, assoluta o parziale, l’INL può sospendere, in via cautelare, la patente fino a dodici mesi; contro il provvedimento di sospensione è ammesso ricorso alla Direzione Interregionale del Lavoro dell’Ispettorato competente per territorio ai sensi e per gli effetti dell’art. 14, comma 14, del d.lgs. n. 81 del 2008 (art. 27, comma 8, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

L’attività in cantieri temporanei o mobili da parte di una impresa o un lavoratore autonomo privi della patente o in possesso di una patente recante un punteggio inferiore a 15 crediti comporta il pagamento di una sanzione amministrativa pari al 10% del valore dei lavori e, comunque, non inferiore a euro 6.000, non soggetta alla procedura di regolarizzazione di cui all’articolo 301-bis del d.lgs. n. 81 del 2008 (art. 27, comma 11, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024), oltre all’esclusione per un periodo di sei mesi dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36).

Le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni sono destinate al bilancio dell’INL e concorrono al finanziamento delle risorse necessarie all’implementazione dei sistemi informatici richiesti per il rilascio e l’aggiornamento della patente.

L’Ispettorato nazionale del lavoro è tenuto ad avviare il monitoraggio sulla funzionalità del sistema della patente a crediti entro il 1° ottobre 2025 e a trasmettere al Ministero del lavoro i dati raccolti per l’eventuale aggiornamento dei decreti ministeriali previsti.

Le disposizioni in materia di patente a crediti di cui all’art. 27, commi 1-13, del d.lgs. n. 81 del 2008 sono in vigore soltanto per le imprese e i lavoratori autonomi che operano nel settore edile, ma la norma prevede espressamente che esse possono essere estese ad altri ambiti di attività individuati con decreto del Ministro del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative (art. 27, comma 14, d.lgs. n. 81 del 2008, introdotto dall’art. 29, comma 19, decreto-legge n. 19 del 2024).

Per effetto dell’introduzione della patente a crediti vengono modificati gli articoli 90, comma 9, e 157, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2008.

Misure per il rafforzamento dell’attività di accertamento e di contrasto delle violazioni in ambito contributivo (Art. 30)

Nella prospettiva del «Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso» (G.U., 22 dicembre 2022, n. 298), quale specifica area d’intervento della Missione 5 componente 1 del c.d. “PNRR”, con l’art. 30 del decreto convertito, al fine di introdurre misure “indirette” in grado di incidere sui comportamenti irregolari e di incentivare l’adozione di comportamenti in linea con la normativa vigente, viene disposta una riforma della sanzioni civili in materia contributiva al fine «di rendere meno onerosa per il datore di lavoro la scelta di intraprendere un processo di regolarizzazione e l’emersione di basi imponibili, anche a seguito della ricezione di comunicazioni che stimolano l’adempimento spontaneo del contribuente stesso dare attuazione» (Cfr. Piano nazionale cit., p. 29).

Una modulazione “mitigata” delle obbligazioni accessorie a carico del contribuente che, per quanto concerne i commi da 1 a 4 art. 30 del decreto convertito, trova conferma nella stima negativa, a seguito delle modifiche apportate, del gettito finanziario previsto per INPS e INAIL (Cfr. Atti parlamentari cit., pp. 214-216).

Nel merito, con decorrenza prevista dal 1° settembre 2024, viene novellato il comma 8 dell’art. 116 l. 23 dicembre 2000, n. 388 e, segnatamente:

  • Per la fattispecie di c.d. “omissione contributiva” di cui alla lettera a), cioè limitatamente ai casi di mancato o tardivo pagamento di contributi o premi assicurativi, si prevede, in caso di adempimento spontaneo, purché effettuato entro 120 giorni dalla scadenza ex lege prevista, l’applicazione del solo tasso ufficiale di riferimento (attualmente al 4,5%), senza imposizione di alcuna maggiorazione.
  • Per le ipotesi di c.d. “evasione contributiva” di cui alla lettera b), da una parte, si rimarca il riferimento all’elemento doloso, esplicitando, quali elementi costitutivi della fattispecie, anche l’omissione di «dichiarazioni obbligatorie» ovvero l’occultamento «di fatti o notizie rilevanti per la determinazione dell’obbligo contributivo» (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 85), dall’altra, sempre in caso ravvedimento volontario, se effettuato entro 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento e in luogo della sanzione civile nella misura del 30 %, la previsione di un’obbligazione aggiuntiva pari, in ragione d’anno, al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 ovvero 7,5 punti, a seconda che il versamento, in unica soluzione, sia effettuato entro 30 oppure 90 giorni dalla denuncia, con limite di importo fissato, in luogo del 60%, entro il 40% dei contributi o premi evasi. L’accesso alla misura “agevolata” della sanzione viene acconsentito anche mediante pagamento del debito in forma rateale, a condizione del versamento della prima rata nonché del “perfetto” rispetto – scadenza e importi – del piano di dilazione accordato, pena, in caso contrario, ritornare al trattamento sanzionatorio maggiormente afflittivo.
  • Si introduce la lettera b)-bis, la quale, disciplinando la fattispecie di adempimento “non spontaneo” ossia di situazione debitoria rilevata, d’ufficio o mediante accertamento, dagli Enti impositori, ammette il datore di lavoro al versamento della sanzione civile di cui al primo periodo delle lettere a) – i.e. tasso ufficiale di riferimento + 5,5 – e b) – i.e. 30% entro il 60% del contributi e/o premi non corrisposti -, se il pagamento avviene, in unica soluzione, entro trenta giorni dalla notifica della contestazione ovvero ratealmente, nei termini e alle condizione supra

In aggiunta, sempre con decorrenza 1° settembre 2024, al comma 10 dell’art. 116 l. n. 388 del 2000, vengono espunte le conseguenze sanzionatorie in caso di omissioni derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, risultando in tal evenienza dovuti solo gli interessi legali ex art. 1284 c.c.

Con efficacia immediata, invece, emendando il comma 15 dell’art. 116 l. n. 388 del 2000, si ridefinisce l’ambito delle delibere del Consiglio di amministrazione degli Enti impositori relativamente a criteri e modalità per la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8:

  • Estendendole alla fattispecie di c.d. “evasione contributiva”, in caso di “oggettive incertezze” così come definite dalla lettera a) del comma 15 (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 86);
  • Abrogando, alla lettera b) del comma 15, riferimenti normativi ormai superati, disponendo una formulazione testuale più ampia e generica, tesa a ricomprendere tutte le situazioni aziendali ove, a seguito di crisi, riconversione o ristrutturazione, siano già stati adottati provvedimenti di concessione di trattamenti straordinari di integrazione salariale, anche se erogati mediante enti bilaterali o, in alternativa, in tutti i casi di “dissesto” che presentino particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale e alla situazione produttiva del settore e che rendono probabile l’insolvenza (Cfr. Atti parlamentari cit., pp. 86-87).

In ultimo, con il comma 4 art. 30 del decreto convertito, si introduce, per il datore di lavoro “obbligato”, un innovativo principio di favor, stabilendo che la disciplina prevista all’art. 116 l. n. 388 del 2000 trovi applicazione in via residuale ossia, esclusivamente, laddove non siano applicabili regimi sanzionatori meno gravosi per il contribuente (v. PIGLIALARMI, Contrasto all’evasione contributiva e attività ispettive: cosa prevede il c.d. Decreto PNRR, in Bollettino speciale ADAPT, 1-2024).

Rispetto alle modifiche anzidette, oltre a constatare una generale coerenza con l’obbiettivo di “ridimensionare” il quadro sanzionatorio, al fine di sollecitare, per via indiretta, le regolarizzazioni spontanee di imponibile “sommerso”, due sono gli aspetti interessanti da notare.

Un primo, che, di contro, antinomica appare la previsione di cui alla nuova lettera b)-bis comma 8 dell’art. 116 l. n. 388 del 2000, in quanto, nella prospettiva dell’evasore di lungo corso, cioè oltre i 12 mesi dal termine stabilito per il pagamento del contributo, sembrerebbe, in effetti, risultare conveniente attendere l’iniziativa degli Enti impositori, piuttosto che attivarsi di sua sponte (v. BALTOLU, SILIATO, Violazioni contributive: nuove sanzioni e nuove procedure di regolarizzazione, in AA. VV., (a cura di), Il Decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19: le novità in materia di lavoro irregolare e contribuzione, ANCL, 25 marzo 2024, p. 21).

Da secondo, riguardo all’estensione “descrittiva” della fattispecie di “evasione contributiva” di cui alla lettera b) comma 8 dell’art. 116 l. 23 dicembre 2000 cit., la quale, probabilmente, va a rafforzare l’ambito di applicazione di quella presunzione relativa che addossa sul datore di lavoro inadempiente, l’onere di provare la mancanza dell’intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede, senza che possa, evidentemente, ritenersi sufficiente, l’avvenuta corretta annotazione dei dati, omessi o infedelmente riportati nelle denunce o sui libri di cui è obbligatoria la tenuta (Cfr. Cass., 3 febbraio 2022, n. 3420; INPS, circ. 5 luglio 2017, n. 106).

Per quanto attiene, invece, ai commi da 5 a 14 (mentre il 15 e il 16 riguardano le coperture “strumentali” e finanziarie delle disposizioni) dell’art. 30 del decreto convertito, sempre nell’ottica di stimolare la regolarizzazione contributiva, si stabilisce, con decorrenza 1 settembre 2024, un ulteriore e autonomo regime sanzionatorio per gli inadempimenti successivi al nuovo sistema di “informative” gestito da INPS (v. Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in Dossier XIX Legislatura, 14 aprile 2024, p. 389).

Invero, in una logica di prevenzione e compliance, si prevede che l’Istituto metta a disposizione del datore di lavoro o del suo intermediario e con garanzia di replica/integrazione, gli elementi e le informazioni in suo possesso, acquisiti direttamente o pervenuti da terzi e relativi ai rapporti di lavoro, se rilevanti ai fini degli obblighi contributivi.

Un nuovo sistema di comunicazione le cui modalità e contenuti, anche riguardo ai termini della regolarizzazione, saranno individuati da apposita deliberazione, a maggioranza assoluta, del Consiglio di amministrazione dell’INPS e con decorrenza degli effetti posticipata all’approvazione, entro 60 giorni, da parte del Ministero del Lavoro.

Come anticipato, in caso di adesione ai «rimedi per la regolarizzazione» (v. comma 6 art. 30 decreto convertito) proposti dell’Ente, il datore di lavoro obbligato sarà ammesso a un regime sanzionatorio di minor rigore e calibrato sulle modifiche apportate al comma 8 dell’art. 116 l. n. 388 del 2000:

  • Per la fattispecie di c.d. “omissione contributiva”, una sanzione, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento (v. supra), con limite d’importo previsto nella misura del 40 % dei contributi non corrisposti.
  • Per le ipotesi di c.d. “evasione contributiva”, un’obbligazione aggiuntiva, in ragione d’anno, pari al tasso ufficiale di riferimento (v. supra) maggiorato di 5,5 punti e fermo restando il limite anzidetto del 40%.

In entrambi i casi, si prevede la possibilità di pagamento in forma rateale, a condizione del versamento della prima rata nonché del “perfetto” rispetto – scadenza e importi – del piano di dilazione concesso, pena, in caso contrario, ritornare al trattamento sanzionatorio maggiormente afflittivo di cui al comma 8 lettere a) prima e terza parte nonché b), primo periodo, dell’art. 116 l. n. 388 del 2000.

Medesime conseguenze sono altresì previste per il datore di lavoro in caso di sua mancata regolarizzazione e pagamento nei termini indicati nelle “informative” INPS anzidette.

Con il comma 10 art. 30 del decreto convertito, volto all’introduzione di strumenti di controllo e accertamento più efficaci, con l’obbiettivo di intercettare fenomeni di irregolarità, altrimenti difficilmente evincibili con l’ordinario esercizio dell’attività istituzionale di controllo (Cfr. Atti parlamentari cit., p. 88), si prevede che l’Istituto, sempre con decorrenza rimandata al 1 settembre 2024, possa fondare le proprie attività di controllo e addebito dei contributi, anche solo in ragione di accertamenti eseguiti d’ufficio, piuttosto che mediante “materiale” ispezione nei luoghi di lavoro.

A tal fine, al comma 11, oltre all’utilizzo delle proprie banche dati o di altre pubbliche amministrazioni, viene previsto che gli uffici di INPS possano invitare il datore di lavoro contribuente, indicandone il motivo, a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire, dati, notizie, atti, documenti rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti.

Del pari, si contempla la possibilità di inviare questionari, in questo caso utili anche agli accertamenti nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto relazioni ovvero invitare qualsiasi soggetto terzo a esibire, trasmettere – ma non a comparire personalmente – atti o documenti rilevanti e concernenti specifici rapporti intrattenuti con il datore di lavoro nonché a fornire chiarimenti e rendere dichiarazioni, sempre mediante questionario; la mancata comparizione o l’omessa comunicazione, in caso di giudizio di accertamento negativo ovvero di opposizione all’avviso di addebito, costituisce per il giudice argomento di prova, anche in via esclusiva, ai fini della decisione.

In chiusura, al comma 13, si prevede che gli esiti dell’anzidetta attività accertativa d’ufficio possano formare avviso di accertamento, da notificare prioritariamente via PEC, con applicazione della disciplina sanzionatoria agevolata di cui alla lettera b)-bis comma 8 dell’art. 116 l. n. 388 del 2000.

Rispetto a questa seconda parte dell’art. 30 del decreto convertito, l’aspetto certamente più rilevante è da identificare, ancora una volta, nella previsione di un regime sanzionatorio dedicato alla gestione e accertamento “collaborativo” – così come sarà declinato dalla deliberazione di cui al comma 6 -, fra INPS e datore di lavoro, dell’eventuale inadempimento contributivo.

Per il resto, ancorché maggiormente tipizzato, non muta, nella sostanza, il “potere” di accertamento d’ufficio riconosciuto all’Ente di previdenza, in quanto, da una parte, ampia facoltà d’indagine già era riconosciuta ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3 d.l. 12 settembre 1983, n. 463 e s.m.i., peraltro con previsione che l’ostacolo al suo esercizio costituisca illecito amministrativo, dall’altra, all’art. 30 d.l. 31 maggio 2010, n. 78 e s.m.i., già era disposto che il medesimo potesse risultare quale idoneo presupposto alla formazione di avviso di addebito, avente valore esecutivo e senza che a ciò potesse ostare, oltretutto, il mancato rispetto della procedura ex art. 13 d.lgs. d.lgs. n. 124 del 2004 (Cfr. Cass., 26 ottobre 2022, n. 31683).

Anzi, a ben vedere, un simile “sviluppo” delle azioni di accertamento da parte di INPS potrebbe ritenersi del tutto coerente alla sua ripristinata autonomia, anche in fase ispettiva, rispetto ai funzionari INL (v. la “soppressione” dell’Agenzia unica per le attività di vigilanza di cui al comma 12 art. 31 del decreto convertito).

Da ultimo, va detto come sicuramente di interesse si presenta l’esplicitata rilevanza processuale del contegno omissivo tenuto dal datore di lavoro in fase di accertamento d’ufficio, anche se, nella “dinamica” del rito ex l. 11 agosto 1973, n. 533, stante la natura sostanziale – e non formalistica – dell’accertamento giudiziale inerente ai crediti contributivi (Cfr. Cass., 23 febbraio 2016, n. 3486) nonché gli ampi – e tutt’altro che privi di conseguenze – poteri istruttori riservati al giudice del lavoro (v. il combinato disposto degli artt. 116 e 421 c.p.c.), non pare rappresentare una modifica in grado d’incidere, in modo significativo, sugli esiti del futuro contenzioso previdenziale.

Riforma delle ispezioni di lavoro e legislazione sociale (Art. 31)

Da ultimo il D.L. n. 19 del 2024 contiene una nuova riforma del sistema ispettivo in materia di lavoro e legislazione sociale che si allontana dalla visione di Agenzia “unica” nazionale dell’ispezione del lavoro e di legislazione sociale, fatta propria dal d.lgs. n. 149 del 2015 che interveniva per “l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e INAIL” per ridare autonomia ispettiva ai due Istituti previdenziale e assicurativo.

Osservazioni generali

L’intervento riformatore del d.l. n. 19/2024 si colloca a quasi venti anni dal decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 che, in attuazione dell’art. 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (si consenta il rinvio a RAUSEI, Vent’anni dopo il decreto di riforma dei servizi ispettivi. D.lgs. 23 aprile 2004, n. 124, in ADAPT Professional Series, 6-2024, ADAPT University Press), aveva riformato per la prima volta dopo oltre cinquant’anni il sistema organizzativo delle ispezioni del lavoro, e a distanza di poco più di sette anni dalla nascita dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) delineata dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nel contesto della attuazione dell’art. 1, comma 7, lettera l), della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

Per effetto delle previsioni contenute nell’art. 31, comma 12, del decreto-legge n. 19 del 2024, infatti, l’INL cessa di essere il soggetto istituzionale unico per le attività di vigilanza e ispezione in materia di lavoro e previdenziale, cedendo le anime ispettive provenienti dall’INPS e dall’INAIL. In questa prospettiva, peraltro, il decreto-legge n. 19 del 2024 raccoglie e dà seguito alle numerose istanze che nel corso del tempo, fin dalle prime ore di vita del Jobs Act, si erano manifestate in sede sindacale per restituire a INPS e INAIL l’autonomia della gestione delle attività ispettive in materia previdenziale, rispettivamente contributiva e assicurativa, consentendo al personale amministrativo dei due Istituti, che era rimasto negli stessi senza transitare all’INL, di tornare alle primigenie funzioni ispettive.

Peraltro, va sottolineato che il rientro in INPS e INAIL degli ispettori previdenziali, per espressa previsione normativa, consente agli stessi di mantenere le funzioni di polizia giudiziaria che avevano acquisito con l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 149 del 2015, il quale continua a prevedere che “ai funzionari ispettivi dell’INPS e dell’INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria”, secondo quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 124 del 2004.

Nuova natura e rafforzamento di organico per l’Ispettorato

Nella visione del decreto-legge n. 19 del 2024, il nuovo INL si presenta quale Agenzia di coordinamento e di decisione circa la programmazione e lo svolgimento delle azioni di vigilanza e di ispezione in materia di lavoro e di legislazione sociale, chiamata ad occuparsi direttamente della vigilanza in materia di tutela della regolarità dei contratti e dei rapporti di lavoro e di salute sicurezza nei luoghi di lavoro.

D’altro canto, nel lasciare in piedi l’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2015, l’art. 31, comma 12, del decreto-legge n. 19 del 2024, pur riconoscendo un’autonomia funzionale rispetto alle ispezioni previdenziali affidate a INPS e INAIL, assicura all’INL la titolarità di un effettivo potere di coordinamento funzionale e strutturale, su tutto il territorio nazionale, dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e di legislazione sociale, al fine di evitare sovrapposizioni, confermando il potere dell’INL di “dettare le linee di condotta e le direttive di carattere operativo, nonché di definire tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento”.

L’Agenzia nazionale delle ispezioni del lavoro e di legislazione sociale, che potrebbe apparire depotenziata da questo intervento normativo, è chiamata in realtà a riorganizzarsi, a ricentrarsi nelle funzioni proprie di vigilanza e ispezione a tutela della regolarità dei contratti e dei rapporti di lavoro e della salute sicurezza nei luoghi di lavoro e di contrasto al sommerso, coordinando in forma esecutiva tutti gli altri organismi di vigilanza per le materie di competenza (non solo INPS e INAIL, ma anche Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia di Stato).

A tal fine, l’art. 31, commi 1-9, del decreto-legge n. 19 del 2024 prevede un incremento di organico dell’INL mediante l’assunzione straordinaria di ispettori del lavoro, sia autorizzando le assunzioni non utilizzate e previste da precedenti interventi legislativi del 2019 e 2021 (466 posizioni), sia autorizzando nuove assunzioni di ispettori del lavoro (250 ispettori tecnici) e di Carabinieri dei Nuclei Ispettorato Lavoro del Comando generale tutela del Lavoro (50 carabinieri).

Inoltre, il d.l. n. 19 del 2024, oltre ad assicurare l’efficacia delle misure incentivanti già destinate al personale dell’Ispettorato, destina una somma pari a 20 milioni di euro annui per l’efficientamento dell’INL, “al fine di garantire un adeguato presidio del territorio attraverso il potenziamento del coordinamento e dello svolgimento su tutto il territorio nazionale dell’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di contrasto al lavoro sommerso e irregolare” (art. 31, comma 10).

Federico Avanzi, consulente del lavoro in Fidenza (PR)

Pierluigi Rausei, dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e professore a contratto nell’Università Politecnica delle Marche – Facoltà di Economia “Giorgio Fuà” (*)

(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero personale dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene

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L'articolo L. 29 aprile 2024, n. 56 di conversione del D.L. 2 marzo 2024, n. 19 (c.d. Decreto PNRR): Appalti, benefici contributivi, compliance previdenziale, ispezioni e sanzioni per una ripresa “resiliente” del lavoro regolare* sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.