In tema di licenziamento illegittimo e invito a riprendere il servizio
Con l’ordinanza n. 3264 depositata il 5 febbraio 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da un lavoratore che, impugnato il licenziamento intimatogli e ottenuta la condanna del datore di lavoro alla reintegra nel posto di lavoro, si era rifiutato di riprendere servizio ritenendo che l’invito del datore di lavoro fosse da ritenersi integralmente nullo poiché lo invitava a ripresentarsi presso i locali aziendali entro un termine inferiore a quello previsto dal quinto comma dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (nella versione antecedente alla modifiche apportate dalla riforma del 2012 e applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto del giudizio).
Nell’occasione, la Cassazione ha quindi chiarito il significato e la portata del termine indicato dalla succitata norma affermando che il quinto comma dell’art. 18 non impone al datore di lavoro l’obbligo di fissare al lavoratore un termine di trenta giorni per la ripresa del servizio, ben potendo indicare anche un termine inferiore. La norma si limita infatti a stabilire che l’effetto della risoluzione del rapporto di lavoro si verifica il trentesimo giorno successivo al ricevimento dell’invito da parte del lavoratore sempre che quest’ultimo – come era accaduto nel caso di specie – non abbia esercitato il diritto di opzione.
Le ragioni di tale interpretazione sono da ricercare, ad avviso della Cassazione, innanzitutto nella formulazione letterale della disposizione stessa che non prevede la nullità del termine inferiore a trenta giorni ma, soprattutto, nella sua ratio: il termine di trenta giorni deve infatti intendersi come stabilito nell’interesse del lavoratore illegittimamente licenziato al quale, afferma la Corte, la legge attribuisce un congruo spatium deliberandi per consentirgli di adottare con la massima ponderazione le proprie determinazioni (in questo senso si veda anche Cass., 7 giugno 1991, n. 6494 e Cass., 27 novembre 2013 n. 26519).
Pur avendo espresso principi generali valevoli anche alla luce del mutato quadro normativo, la questione può dirsi, ad oggi, superata: il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23, infatti, all’art. 2 prevede espressamente che nel caso di licenziamento illegittimo al quale si applichi la tutela reintegratoria, il termine di trenta giorni per la ripresa del servizio decorre dall’invito del datore di lavoro a riprendere il servizio; entro il medesimo termine (decorrente dalla comunicazione del deposito della sentenza o dall’invito a riprendere il servizio, se anteriore alla predetta comunicazione), il lavoratore che non intenda riprendere il servizio e che opti per la risoluzione del rapporto deve esercitare il diritto di opzione.
Gloria Mugnai, dottoranda di ricerca nell’Università degli Studi di Firenze
Visualizza il documento: Cass., ordinanza 5 febbraio 2024, n. 3264
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